Il ritratto
Marina Berlusconi è già in politica: lucidità, visione e diritti. Con la stessa pelle del papà

Vedi, ecco Marina. Si potrebbe dire così, parafrasando il famoso stornello romanesco. E c’è in effetti molto da vedere e ascoltare intorno a Marina, anche se molti – come al solito – scelgono di vedere non quello che c’è ma quello che vogliono. Mi riferisco, ma credo sia chiaro, alla figlia maggiore di Silvio Berlusconi e al turbinio di reazioni che è inevitabilmente seguito alle sue ultime, puntuali e molto opportune esternazioni.
Destino di famiglia, perché anche per il papà c’era sempre qualcuno pronto a stravolgerne le parole o ad arrischiare interpretazioni autentiche, nonostante Berlusconi non sia stato mai uomo fraintendibile, da perdersi in giri di parole e mezze frasi. Addirittura ricordo che qualcuno (mi sovviene il peccato ma non il peccatore) si prese il disturbo di criticare il fondatore di Forza Italia per l’espressione “scendo in campo”. Si voleva infatti dimostrare che Berlusconi, usando il verbo “scendere”, non avesse abbastanza considerazione della politica che, essendo “cosa alta”, poteva reggere solo l’idea di salirvi e non certo quella di “scendervi”. Figuriamoci: sofismi debolucci che rimbalzavano sulla pelle del Cavaliere senza minimamente scalfirlo.
L’analisi
Oggi si riprova il copione con Marina, le cui “uscite” sarebbero a giudizio di molti, invece, “entrate”. Il moto in luogo della politica, a quanto pare, si analizza come meglio si vuole, e l’impressione è che da più parti si cerchi di sterilizzarne i commenti, le idee e le opinioni con lo spauracchio della chiamata in politica: non parlare – sembrano suggerire – altrimenti diremo che vuoi entrare, scendere o salire (fate voi) in politica. Stessa pelle brianzola del papà, però, così anche questi tentavi rimbalzano senza colpo ferire. Perché invece Marina Berlusconi parla, e lo fa con una lucidità e una visione che oggi, nel giochino del potere, appaiono come connotati incomprensibili, quasi alieni.
Del resto, contestualizzando, non ci si può troppo sorprendere. Se nello stagno cadono parole di dignità e di progresso, una politica che coltiva un rapporto tossico con il consenso si incanterà a guardare solo le ondine concentriche sull’acqua, per capire l’effetto che fanno sul pallottoliere dei sondaggi. Ma questa è abdicazione al ruolo e Marina richiama invece il paese alle sue responsabilità, toccando ogni tema con la concreta e pragmatica serenità del buon senso. Tuona su Trump, sul ruolo dell’Italia in Europa e dell’Europa nel mondo.
E poi, quel che più mi dà conforto e coraggio, Marina Berlusconi parla finalmente di diritti. E non stendendo la mano alla compiacenza della concessione. Parla con l’urgenza dell’ovvio, con la dignità del necessario, con la coraggiosa prudenza di chi guarda agli anni futuri, non a domani. Diritti. Questa parola sfrigola nell’orecchio di quei legni storti che non ne afferrano l’importanza. Quindi, Marina cosa fa? Scende, sale, esce, entra? Che domanda inutile. La verità è che tutto questo è già politica. Ed è la politica che ci serve.
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