Domenica 16 giugno a Marzabotto sfileranno le bandiere palestinesi. La marcia è stata convocata da un ampio fronte: Pd, M5S, UCOI, Unione Popolare, associazioni filopalestinesi, centri sociali, sindacati di base. A pochi giorni da un’azione militare israeliana che ha colpito duramente le basi nucleari e militari del regime iraniano, il corteo sembra ignorare il quadro reale.

Perché l’Iran non è solo un paese. È un regime. E quel regime è oggi il principale sostenitore militare, finanziario e ideologico di Hamas, Hezbollah e della jihad islamica in tutta l’area. Non solo: è anche uno Stato che da anni lavora per dotarsi dell’arma nucleare, in violazione dei trattati internazionali, e che minaccia apertamente Israele di distruzione totale. Un regime che imprigiona, tortura e uccide dissidenti, donne, studenti e oppositori politici. La notte tra il 13 e il 14 giugno, Israele ha condotto un’operazione aerea su oltre 100 obiettivi strategici in territorio iraniano. Una risposta a mesi di provocazioni e alla costruzione di arsenali atomici.

Eppure, domenica, proprio mentre gli iraniani potrebbero intravedere uno spiraglio di liberazione, a Marzabotto si manifesta come se niente fosse. Come se tutto fosse ancora riducibile alla solita equazione binaria, ignorando la minaccia reale di un regime che punta al trionfo della jihad islamica e all’imposizione globale della sharia.

La strage di Marzabotto

Il luogo scelto non è neutro. Marzabotto non è solo un comune dell’Appennino bolognese. È il nome simbolo di una delle più gravi stragi nazifasciste in Italia. Lì, nell’autunno del 1944, le SS sterminarono centinaia di civili italiani. Fu uno degli episodi più atroci dell’occupazione tedesca. Dopo l’8 settembre 1943, mentre il regime fascista cadeva e l’Italia si spaccava in due, ci fu chi si schierò con la Repubblica di Salò, cioè con i nazisti. E chi salì in montagna a combatterli.

Oggi, mutatis mutandis, la dinamica si ripete. L’attacco israeliano di queste ore ha colpito la principale potenza militare islamista del mondo, lo Stato che finanzia Hamas e sogna la distruzione di Israele. Il paragone con il passato non è una forzatura: è stato lo stesso Gran Muftì di Gerusalemme, Haj Amin al-Husseini, a stringere alleanza con Hitler e a proporre di estendere la “soluzione finale” anche agli ebrei di Palestina. Il fascismo non è una categoria superata. Assume nuove forme, nuovi volti, nuovi nemici.

Eppure a Marzabotto, in nome della Palestina, si marcerà come se tutto questo non esistesse. Come se fosse Israele, oggi, il problema. A Marzabotto, dove la storia chiede ancora rispetto, domenica sfilerà chi ha scelto di ignorarla. Lo farà accanto a simboli e parole che, oggi, stanno dalla parte sbagliata della storia.

Carmen Dal Monte

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