Gli anni passano, i governi anche, ma in Procura a Milano a fronteggiare la “malasanità” c’è sempre lei: Tiziana Siciliano. Nominata nel 2017 procuratore aggiunto, lo scorso anno candidata non eletta al Csm come indipendente nella lista progressista Area, da almeno due decenni è in prima linea nella battaglia contro i presunti illeciti nel sistema sanitario lombardo. Ieri mattina ha ordinato la maxi perquisizione al Pio Albergo Trivulzio e ad altre Rsa milanesi al fine di accertare eventuali carenze nei protocolli interni e nei dispositivi di sicurezza che avrebbero determinato un impennata di morti per Covid-19 fra i degenti nell’ultimo mese. Il direttore generale del Pio Albergo Trivulzio, Giuseppe Calicchio, è già iscritto nel registro degli indagati dalla scorsa settimana per epidemia colposa e omicidio colposo.

Nel mirino di Tiziana Siciliano non è tanto Calicchio ma la giunta regionale guidata dal leghista Attilio Fontana, firmataria della delibera dell’8 marzo con cui chiedeva alle Rsa lombarde, se avessero potuto, di accogliere pazienti ex Covid-19 dimessi dagli ospedali per liberare posti letto in terapia intensiva e sub intensiva. Posti necessari per fronteggiare il grande afflusso di malati in quei giorni. All’invito della Regione, oltre al Trivulzio, avevano aderito 14 strutture sulle 700 presenti in Lombardia.

La Regione aveva chiesto, come più volte ricordato dall’assessore alla sanità Giulio Gallera (FI), di ospitare pazienti solo in presenza di padiglioni separati e con personale dedicato. I sindacati, da sempre molto attivi al Trivulzio, avevano invece fatto notare che non erano stati predisposti protocolli adeguati per fronteggiare l’emergenza. All’inizio del mese, in particolare, scarseggiavano mascherine e dotazioni di protezione. Accuse respinte da 90 medici della struttura che in una lettera aperta hanno dichiarato che le mascherine erano state distribuite al personale fin dal 23 febbraio.

La “Baggina”, come viene chiamata a Milano la storica casa di riposo, è una delle residenze per anziani più grandi d’Europa. Prima che la pandemia colpisse duramente, i suoi ospiti erano circa mille. La struttura è retta da un Comitato d’indirizzo che ha sostituito il precedente Consiglio d’amministrazione. Cinque i componenti: tre nominati dal Comune e due dalla Regione. Il sindaco di Milano provvede alla nomina del presidente e dà l’intesa per la scelta del direttore generale.  Repubblica ed il Fatto Quotidiano fanno apertamente il tifo per la Procura sperando che questa sia la volta buona per dare, Comune di Milano a parte, il colpo di grazia all’amministrazione di centrodestra che governa la Regione da oltre un quarto di secolo e che proprio sulla sanità ha creato gran parte del proprio consenso. 165.000 i non residenti che lo scorso anno sono andati in Lombardia dalle altre Regioni italiane per farsi curare.

Di diverso avviso la Procura che in questi anni ha passato ai raggi X tutti i principali ospedali privati: San Raffaele, San Carlo, San Donato, Sant’Ambrogio, San Giuseppe, Santa Rita e San Pio X. Ad indagare, oltre a Tiziana Siciliano come detto, Grazia Pradella, ora aggiunto ad Imperia e Sandro Raimondi, attuale procuratore di Trento. La prima maxi inchiesta partì nel 2003. Vennero sequestrate 8 milioni di carte cliniche. L’accusa principale era quella di aver falsificato le cartelle per ottenere rimborsi non dovuti. Fra gli allora indagati eccellenti Giuseppe Rotelli, proprietario di un impero ora presieduto dall’ ex promessa di Forza Italia Angelino Alfano.

18 ospedali, 16.000 dipendenti, oltre 5000 posti letto, un miliardo e sessantacinque milioni di euro il fatturato, i numeri del gruppo San Donato. L’inchiesta aperta nel 2009 con grande clamore mediatico è finita però in nulla. Dopo anni di indagini, decine di consulenti tecnici, fu la stessa Procura a chiedere l’archiviazione del procedimento che aveva fatto finire sul registro degli indagati una settantina di persone, tra amministratori e medici, accusate di falso e truffa ai danni del servizio sanitario nazionale per avere gonfiato, tra il 2004 e il 2007, i rimborsi delle prestazioni, facendo passare per ricoveri semplici attività ambulatoriali. “Infondatezza della notizia di reato”, “completamente sfornita di prova”, perché “gli elementi acquisiti non appaiono idonei a sostenere l’accusa” in un eventuale processo, le parole del pm Maria Letizia Mannella.