Decide il mercato
Mediobanca, è sempre Roma contro Milano. Si accende il risiko bancario italiano

Sembra essere una delle vecchie storie della finanza italiana: Milano contro Roma, il capitalismo finanziario in opposizione a quello familiare, l’efficienza meneghina contro il pantano delle terrazze romane. La “guerra” finanziaria che si sta celebrando tra i due punti cardinali dell’Autostrada del Sole è l’eterna metafora del potere che, in media ogni decennio, vede protagonisti i salotti buoni dell’alta finanza italiana.
Nei giorni scorsi, Mediobanca ha presentato un’Offerta pubblica di scambio (Ops) per acquisire la totalità delle azioni di Banca Generali, una delle più importanti partecipate di Generali, la storica compagnia assicurativa di Trieste che gestisce una buona fetta del risparmio degli italiani, in un’operazione del valore di 6,3 miliardi di euro.
L’attacco lanciato da Piazzetta Cuccia ha due scopi precisi. Il primo, più formale, è di consolidare il ruolo di Mediobanca nel panorama del credito italiano, in vista della necessità di creare il cosiddetto “terzo polo” bancario da aggiungere a Unicredit e Intesa San Paolo. Il secondo motivo, peraltro un segreto di pulcinella, è di consentire a Mediobanca di difendersi dalla volontà di Monte dei Paschi di Siena di acquisirla. Lo scorso 24 gennaio, Mps aveva annunciato il lancio di un’Offerta pubblica di scambio, anche in questo caso una Ops, totalitaria su Mediobanca. L’operazione, del valore di 13,3 miliardi di euro, prevede lo scambio di 23 azioni Mps per ogni 10 azioni Mediobanca, offrendo un premio del 5,03% rispetto al prezzo di chiusura delle azioni Mediobanca del giorno precedente.
I termini della questione
L’operazione è sostenuta da importanti azionisti di Monte dei Paschi, come Francesco Gaetano Caltagirone e Delfin (la holding della famiglia Del Vecchio), che detengono insieme circa il 20% della banca senese. Questi azionisti hanno mostrato interesse anche per Generali, la principale compagnia assicurativa italiana, di cui Mediobanca possiede una quota del 13%. Acquisendo Mediobanca, Mps potrebbe quindi rafforzare la sua posizione nel settore finanziario e avere un’influenza maggiore su Generali.
Roma contro Milano
La risposta di Mediobanca è arrivata in maniera indiretta, proprio come la strategia di Caltagirone e Delfin: crescere sul mercato per rendere l’offerta di Mps non più congrua. Si ripete, perciò, una vecchia lotta che sembrava oramai negli archivi della prima e della Seconda Repubblica: la contrapposizione tra Milano e Roma. Ricordiamo che non è la prima volta che un “romano” mette nel mirino Generali. Già in passato, Cesare Geronzi, molto vicino a Silvio Berlusconi, aveva provato a mettere le mani sul “leone” di Trieste. Anche allora, a difendere l’indipendenza dell’Assicurazione, era stato Alberto Nagel amministratore delegato di Mediobanca. Se l’operazione della banca d’affari avrà successo, sarà il mercato a decidere.
Da Monte dei Paschi di Siena, intanto, non sembrano molto preoccupati della mossa di Mediobanca. Se entrambe le offerte avessero successo, infatti, Mps si troverebbe “in pancia” una delle più importanti banche italiane, Banca Generali appunto. Secondo altri analisti, però, lo smacco per Caltagirone e Delfin sarebbe molto evidente. Mediobanca, infatti, “consumerebbe” il proprio tesoretto da oltre sei miliardi per acquisire un altro istituto di credito e non avrebbe più la forza poi per agire e comprare anche Generali.
Governo
Sarà il mercato a decidere i prossimi eventi. Sempre che il governo di Giorgia Meloni non decida di scendere apertamente in campo per aiutare Monte dei Paschi di Siena e quindi gli azionisti “amici” Caltagirone e la famiglia Del Vecchio. Al momento da Palazzo Chigi e dal ministero dell’Economia non si pronuncia nessuno. Tutti, però, sanno dell’interesse dell’Esecutivo affinché si crei un terzo polo bancario interamente italiano che, successivamente, possa prendere sotto la propria ala protettiva Generali. Quando si parla del Leone di Triste, si fa riferimento a un istituto con una capitalizzazione di circa 46 miliardi di euro che gestisce oltre 800 miliardi di euro di asset in risparmio gestito su un ammontare complessivo italiano di oltre 2.400 miliardi. Si tratta, perciò, di numeri importanti che il Governo vuole che restino italiani. E per farlo, Meloni e Giorgetti hanno diverse carte da poter giocare: non ultima la possibilità di usare il “golden power”, cioè un potere speciale del governo italiano che consente di bloccare, limitare o porre condizioni a operazioni di acquisizione da parte di soggetti italiani o esteri in settori strategici. Come quello del risparmio.
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