Il cimitero degli elefanti
Meloni resuscita il Cnel ed Ego Brunetta: la “bella addormentata” è il cerino raccolto dal campo largo
All’uscita dalla Sala Verde di Palazzo Chigi, venerdì scorso, gli ospiti delle minoranze (Pd, 5 stelle, Avs, Azione e Più Europa) erano ancora un po’ straniti. E non era solo il caldo che è tornato a farsi sentire, e neanche la fretta di prendere al volo un mezzo di trasporto per lasciare la Capitale per la pausa ferragostana. “Il Cnel? Ma esiste ancora?”, “Ho controllato, risiedono sempre a Villa Borghese”.
Che in effetti l’incontro sul salario minimo ha prodotto comunque un risultato, a suo modo stravagante, un ritorno alla “fantasia al potere”: riesumare il Consiglio Nazionale dell’Economia e del Lavoro, un organismo fantasma, impegnato per lo più ad organizzare convegni e tavole rotonde, in quella che un ufficio stampa datato definirebbe “splendida cornice”. Un vero e proprio cimitero degli elefanti (il suo primo presidente fu Meuccio Ruini, già presidente del Senato, nominato a fine carriera) dotato però di una accogliente mensa interna, in cui dall’aprile scorso regna Ego Brunetta.
Insomma una doppia dichiarazione di impotenza: di Giorgia Meloni che in assenza di proposte del governo si affida all’artificio di un ‘ferrovecchio’, e del campo largo che si rende conto di essere rimasto intrappolato in un cul de sac. O per dirla in modo più sbrigativo: ha raccolto il famoso cerino dalle mani della Presidente del Consiglio. E rischia di tenerselo tra le dita. Che poi la storia del Cnel fu tormentata da subito, previsto dall’articolo 99 della Carta emanata nel ‘48, viene fondato quasi dieci anni dopo, nel gennaio del ‘57. Doveva essere il vertice nazionale dei Consigli di gestione delle fabbriche (un lascito corporativo della Repubblica di Salò) che però De Gasperi sciolse, così quando nacque non serviva già più a nulla. Avrebbe poi dovuto contribuire all’elaborazione della legislazione economica e sociale, ma anche durante la prima Repubblica era considerato una “bella addormentata”. Bella, perché i suoi uffici, fin dall’ inizio, sono a Villa Lubin, in mezzo al verde di Villa Borghese, il parco più blasonato della città eterna. Addormentata, perché il contributo atteso fu inesistente.
Con l’arrivo di Renato Brunetta, ministro della PA durante il governo Draghi, subentrato al professor Tiziano Treu, la musica però cambia. Rimasto a piedi con le elezioni del ‘22, dopo tre legislature (e due da eurodeputato) accetta l’incarico di presiedere il Cnel e di trasformarlo nella sua segreteria. Così il doppio miracolo: resuscitare la struttura dimenticata e restituire un palcoscenico a Renato Brunetta. Certo la centralità offerta all’ex ministro di Forza Italia, ha l’inevitabile conseguenza del demansionamento della attuale ministra del lavoro Marina Calderone.
Un prezzo che la Premier è disposta a saldare prontamente, visti gli innumerevoli vantaggi che si aspetta dall’operazione.
Ego Brunetta ha poi già esposto la sua posizione, in una audizione alla Camera, illustrando un dettagliato papier. “La questione salariale, non si può ridurre al salario minimo, ma, anzi, vanno affrontati innanzitutto altri problemi che ostacolano la crescita dei salari dei lavoratori in Italia: nell’ordine, la bassa produttività e il cuneo fiscale e contributivo, tra i più elevati dell’area Ocse”, così l’ex ministro ai componenti della commissione lavoro di Montecitorio, l’11 luglio scorso.
Uno spoiler esaustivo, che anticipa la posizione che il Cnel consegnerà al governo, dopo due mesi di consultazioni. Il tempo che Ego Brunetta userà per invertire il destino del cimitero degli elefanti.
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