Sono, quelle appena passate, le 36 ore della verità per la maggioranza. Il “passaggio di svolta”, il “disvelamento” per il governo Meloni. Il 20 dicembre, la mattina, l’approvazione del Patto europeo di migrazione e asilo che schiaccia l’Italia nello scomodissimo ruolo di paese di frontiera che non avrà alcuna certezza sui rimpatri dei migranti irregolari e non aventi diritto. Qualche ora dopo, alle 19, è arrivato l’ok unanime, Italia compresa quindi, al nuovo Patto di Stabilità e crescita, in vigore da gennaio, dove c’è molta poca flessibilità e molta discrezione della Commissione rispetto ai conti, ai bilanci e ai debiti sovrani di ogni singolo stato. Ieri mattina alle 12 e 48 è finita anche la messinscena del Mes, la ratifica della modifica del Fondo Salva-stati: il Parlamento respinge la ratifica, unici in Europa, ed è subito un torto e uno stigma.

Neppure 36 ore, in realtà succede tutto in 28 ore, notte compresa. Il risultato è un’Italia costretta ad obbedire dall’asse franco-tedesco, “fatta uscire dal salotto buono e messa nella stanza dei bambini insieme a Orban mentre gli adulti decidono sul futuro dell’Italia (sic Magi, + Europa)”. Se questo è lo scenario di politica economica, sul fronte della politica nazionale il voto sul Mes ieri mattina è stata la dimostrazione plastica che “il populismo e l’antieuropeismo in Italia è vivo e vegeto e governa ed è rappresentato da Conte, Salvini e Meloni” ha detto Matteo Renzi (Iv). Nel voto infatti si sono spaccate tanto la maggioranza quanto l’opposizione, “il campo largo non c’è più ed è chiaro che i riformisti, anche del Pd, non possono allearsi con i 5 Stelle”. I 5 Stelle hanno votato contro la ratifica dopo una dichiarazione di voto di Giuseppe Conte che è stata un manifesto dell’ira e dello scontento. Forza Italia si è astenuta visto che avrebbe voluto rinviare ancora il voto a gennaio, prendere tempo e aspettare. Non mettere un nesso di causalità così netto ed evidente tra il via libera al Patto di Stabilità della sera prima e il No al Mes del giorno dopo. Con le ripicche si va da poche parti quando si ha la responsabilità di guidare il paese.

Risultato: 72 i voti a favore della ratifica, quelli del Pd, Italia viva, Azione e parte del Misto; 184 quelli contrari, Fratelli d’Italia, Lega e 5 Stelle, 44 gli astenuti (Forza Italia e Sinistra). Macerie. Su cui banchetta la Lega leccandosi i baffi in vista delle Europee. Matteo Salvini s’intesta la vittoria, “una battaglia della Lega combattuta per anni e finalmente vinta. Avanti così. A testa alta e senza paura”. Lo seguono i fedelissimi finalmente felici, Borghi, Bagnai, Candiani. La gioia di Salvini in realtà poggia sugli stessi argomenti che invece preoccupano Meloni (ancora a casa influenzata). Il voto di ieri ha schiacciato Fratelli d’Italia sul fronte antieuropeista – territorio di Salvini – e l’ha allontanata da quello Conservatore dialogante con il Ppe. In realtà la premier da casa ha cercato di tenere bassa la faccenda (“La Camera ha deciso con il voto”) e di banalizzarla (“è di relativo interesse e attualità per l’Italia”). Anzi, questo stop “può essere l’occasione per avviare una riflessione”. La verità è ben diversa. Come dimostrano le numerose telefonate tra gli alleati già la sera prima per scongiurare la spaccatura. Tajani e Forza Italia avevano chiesto un nuovo rinvio, “almeno fino a gennaio, dateci tempo perché noi non possiamo votare contro il Mes”. Invece il tempo non gli è stato dato e Forza Italia ha scelto il male minore: l’astensione.

È necessario allora capire come si arriva al voto di ieri mattina che ha visto andare in frantumi maggioranza ed opposizione. Il Riformista ha parlato con una fonte di Fratelli d’Italia molto vicina al dossier. “Mercoledì pomeriggio – racconta – quando molti di noi erano al Quirinale per gli auguri, si era più o meno tutti convinti che la trattativa sul Patto di stabilità potesse essere rinviata alla prossima settimana. Il ministro Giorgetti e la stessa premier si erano spesi contro una riunione così importante eppure svolta da remoto”. In un’ora però è cambiato tutto. “Francia e Germania hanno voluto accelerare e a quel punto non avevano più alternative. Il veto sarebbe stato molto peggio e non è mai stata una vera opzione”. Il governo e Giorgetti hanno così dovuto ingoiare, nello stupore generale di chi era rimasto a Roma, la firma del nuovo Patto di stabilità e crescita. “Cose buone e altre meno” ha ammesso Giorgetti che all’Ecofin ha parlato per ultimo a cose già decise. Le stesse, tra l’altro, di una settimana prima quando l’Italia minacciava il veto.

Alle 19 di mercoledì, appunto, il Patto di stabilità è legge. Il Mes, tenuto da parte in questo anno di governo Meloni come moneta di scambio nella logica del pacchetto, del “dot ut des” rispetto alle nuove regole di bilancio, diventa moneta scaduta. La “logica del pacchetto” è andata in frantumi tra Parigi e Berlino. Buona solo per la vendetta. Anzi, un piccolo dispetto. “Diciamo – spiega la stessa fonte – che le notizie da Bruxelles ci hanno convinto mercoledì sera ad accelerare sul Mes e a votare contro oggi”. Lo strappo con Forza Italia si è consumato l’altra sera. Unico compromesso possibile è stato l’astensione. Ma la maggioranza è spaccata. Ora e per i prossimi sei mesi di campagna elettorale. Due ministri di peso come Giorgetti (lega) e Tajani (Forza Italia) escono da questa storia con le ossa rotte. “Un ministro dell’Economia sbugiardato dall’aula e sbeffeggiato dal suo leader e dal suo partito deve trarre le conseguenze di quanto è successo in queste ore. La crisi di governo è chiara” ha attaccato Amendola (Pd). Nicola Danti, eurodeputato di Iv-Renew Eu, ci ha messo anche Tajani. “due ministri sconfessati, bipolarismo spaccato, Europa più lontana. E Forza Italia che manda al macero la sua storia nel Ppe e si degrada a fare l’ancella di Giorgia Meloni”, Il capogruppo azzurro Paolo Barelli ieri tranquillizzava i cronisti. “Non succede nulla, la maggioranza è solida”. La fonte di Fratelli d’Italia aggiunge: “Il nostro obiettivo è fare molto bene alle elezioni, incidere e avere peso nella nuova Commissione che potrà cambiare il Patto di stabilità”. Il voto di ieri manda in soffitta, se ci fosse bisogno di altre conferme, il campo largo del centrosinistra. Il dibattito in aula ha polarizzato lo scontro tra 5 Stelle e Fratelli d’Italia. Un Giuseppe Conte sopra le righe contro una Meloni assente dall’aula. Tutto per rinfacciarsi accuse di “incoerenza” (Conte) e sudditanza (Meloni). Interessante che abbiano votato insieme. Contro il Mes. Ieri però è stato chiaro perché Meloni, al netto della febbriciattola, ha scelto di rinviare la conferenza stampa di fine anno. La sua leadership europea ieri ha francamente traballato.

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Giornalista originaria di Firenze laureata in letteratura italiana con 110 e lode. Vent'anni a Repubblica, nove a L'Unità.