Guerra tra bande, raid e violenze, perfino un sequestro di persona e una ragazza utilizzata come una sorta di esca per attirare i rivali in trappola. Il gip di Milano Guido Salvini ha firmato un’ordinanza di custodia cautelare in carcere nell’ambito delle indagini sullo scontro tra due bande nell’orbita del mondo hip hop e trap nel milanese: una faida senza esclusione di colpi tra il gruppo istituitosi intorno a Simba La Rue e quello di Baby Touché. Le ordinanze hanno raggiunto nove persone, quattro italiani e cinque stranieri tra Bergamo, Como e Lecco. A vario titolo accusati di sequestro di persona, rapina e lesioni aggravate.

Le indagini sono state svolte dalla Compagnia Carabinieri Milano Duomo e coordinate dalla pm Francesca Crupi dalla Procura della Repubblica presso il tribunale di Milano. Secondo le indagini i gruppi erano governati “da regole di fedeltà reciproca e di omertà”, protagonisti di “reiterati episodi di violenza” che hanno superato più volte e di parecchio i limiti di una “aspra conflittualità determinata dalle rivalità nella diffusione delle rispettive produzioni musicali”. Una spirale di violenza senza senso e senza soluzione di continuità tra ragazzi appena ventenni esplosa lo scorso febbraio (ma le tensioni erano in corso da oltre un anno) dopo un confronto verbale degenerato nei mesi successivi a colpi di ritorsioni e aggressioni.

L’episodio più clamoroso ha interessato lo stesso Baby Touché, nome d’arte di Mohamed Amine Amagour, diciannovenne di origini marocchine, residente a Padova, che lo scorso 9 giugno era stato prelevato, praticamente sequestrato in un’auto per due ore da un gruppo di quattro rivali, con gli smartphone a riprendere due ore di violenze. Il trapper fu picchiato, umiliato nei contenuti caricati sui social, inquadrato con il volto tumefatto mentre veniva sbeffeggiato. Baby Touché sarebbe stato accerchiato nei pressi di via Boifava a Milano, colpito a calci e pugni e caricato su una Mercedes Classe A. Dopo le violenze era stato rilasciato a Calolziocorte, in provincia di Lecco.

Simba La Rue, nome d’arte di Mohamed Amine Amagour, classe ’99, di origini tunisine, cresciuto tra la Francia e l’italia ma di stanza a Lecco, che è stato raggiunto da un provvedimento, a metà giugno era stato invece vittima di un agguato a Treviolo, ferito a coltellate, episodio sul quale indagano i pm di Bergamo. Subito dopo Baby Touché aveva pubblicato un video per dissociarsi da quell’aggressione: “Io faccio musica non la guerra. Voglio fare la musica non voglio fare la strada. Sono Touché il cantante, non Touché il criminale”. Altro episodio nella spirale di violenza lo scorso marzo in zona Porta Venezia a Milano, quando intorno alle 2:40 Akrem Ben Haj Aouina (molto vicino a Baby Touché) e Thomas Calcaterra, in strada insieme ad altre due ragazze, erano stati raggiunti da un gruppo di ragazzi travisati e colpiti “con calci, pugni, fendenti di arma da taglio – nella specie un coltello”. Le vittime erano state aggredite e derubate dei loro portafogli e telefoni.

Dalle intercettazioni era emerso anche il ruolo di una ragazza di 20 anni, tra gli arrestati di oggi, “incaricata di attirare la vittima Aouina con la scusa di un appuntamento galante”. La giovane tramite un auricolare Bluetooth nascosto tra i capelli aggiornava “il gruppo di assalitori in diretta senza dovere perdere tempo a mandare messaggi che avrebbero potuto insospettire la vittima”. Un ruolo da infiltrata, una spia sotto copertura. “Comunque a Milano, se dobbiamo girare, stiamo attenti perché adesso siamo entrati in una zona di guerra”, si ascoltava in un’altra intercettazione.

La spirale di violenza era in presa diretta diffusa sui social dagli stessi protagonisti di una faida efferata quanto insensata, un atteggiamento che “punta all’imitazione e alla glorificazione delle azioni delittuose moltiplicando gli effetti pericolosi delle azioni stesse”. Secondo quanto scritto dal gip Salvini nell’ordinanza tutti i coinvolti si sarebbero mossi in una “totale astrazione dalla realtà, che impedisce loro di percepire il disvalore ed il peso delle azioni criminose” e questa “continua sfida ad alzare sempre la posta in gioco, le continue ed improvvise ritorsioni, imprevedibili e ‘spettacolari’, sono ormai fortemente pericolose per la sicurezza pubblica” in una “dinamica di ‘giustizia privata’, realizzata con armi, minacce sui social, avvertimenti ed aggressioni spettacolari”.

Spesso le azioni erano perfino annunciate via social, dichiarazioni che rischiavano anche “di portare numerosi ragazzi anche di giovanissima età a considerare ‘normali’ le azioni criminose poste in essere dagli esponenti delle gang”. A provarlo le fazioni che si erano create in rete a sostegno di una parte o dell’altra, e che spesso arrivavano allo scontro diretto nei commenti.

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Giornalista. Ha studiato Scienze della Comunicazione. Specializzazione in editoria. Scrive principalmente di cronaca, spettacoli e sport occasionalmente. Appassionato di televisione e teatro.