Il Csm – come voi sapete e pochi altri sanno, tra poco vedremo perché – ha riconosciuto il Procuratore di Firenze colpevole di violenza sessuale verso una sua collega. Il Csm ha inflitto al Procuratore di Firenze, per questa (diciamo così) malefatta, una pena che consiste in due mesi di perdita di anzianità. Il relatore nella sezione disciplinare che doveva giudicare e punire era Giuseppe Cascini, Torquemada contro i reati della pubblica amministrazione (tipo l’imperdonabile traffico di influenze). Il Presidente era David Ermini, cioè il capo del Csm. Il Csm ha dichiarato anche che l’aggressione del Procuratore di Firenze nei confronti di una sua collega è da considerare un “fatto privato”.

Bene, non so se avete mai frequentato una scuola di giornalismo. Anche se non l’avete frequentata, capite bene che questa è una notizia clamorosa, se vera. Naturalmente aspettiamo la Cassazione prima di dare per certa la colpevolezza del Procuratore di Firenze. Però sappiamo per certo che il Csm ha giudicato “un fatto privato” l’incontro violento tra il Procuratore e la magistrata che avrebbe subito violenza sessuale. E di conseguenza il Csm ha stabilito che non era necessario nessun intervento sulla carriera del Procuratore, né tantomeno la sua rimozione, ma solo – così, proprio per non fare figuracce – la pena minima ipotizzabile. Questa dei due mesi tagliati via da una pensione che sarà ridotta circa del 0,4 per cento. Tutti i grandi giornali hanno considerato questa notizia una notizia da pagina 32, piccola piccola, infondo alla pagina (parlo del Corriere della Sera). Più o meno come si dà la notizia di un modesto furto in un supermercato, o di un ingorgo, o qualcosa del genere. L’esempio del Corriere è stato seguito dagli altri grandi giornali, Repubblica, il Messaggero, La Stampa.

Io però conosco i miei colleghi. Sanno fare il loro lavoro, almeno i più anziani lo sanno fare, lo hanno fatto per tanti anni e bene. A nessuno di loro può venire neppure in mente che quella notizia non fosse una clamorosa notizia da prima pagina. Sia per l’enormità del fatto che coinvolge un Procuratore della repubblica, cioè una delle massime autorità del paese (che, tra l’altro, sta indagando su Renzi e Berlusconi ) sia per l’ignominia di un Csm che definisce “fatto personale” una molestia o una violenza sessuale, cosa che non avrebbe fatto neppure un pretore di campagna degli inizi del secolo scorso. Del resto il silenzio non ha riguardato solo la stampa: la politica ha fatto altrettanto. E allora, tutto questo come si spiega? In un solo modo: con la consapevolezza che oggi il sistema delle Procure, che purtroppo comprende anche il Csm, dispone di un controllo ferreo e inaggirabile sulla politica e sull’informazione. I grandi giornali sono tenuti ad obbedire, e obbediscono, come sotto giuramento. Mai un piccolo gesto di ribellione. Se Procuratore, o Csm comanda, giornalista obbedisce.

Naturalmente non c’è nessuna possibilità, in queste condizioni, di parlare di libertà di informazione. La libertà d’informazione, in Italia, esiste su molti piani. Ma esclude la possibilità di critica al potere più grande. Cioè al potere giudiziario. Chi ha voglia di contrastare questa tendenza totalitaria – come noi, per esempio – deve convincersi che dovrà farlo più o meno dalla clandestinità, come facevano i nostri nonni che si opponevano al Minculpop.

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Giornalista professionista dal 1979, ha lavorato per quasi 30 anni all'Unità di cui è stato vicedirettore e poi condirettore. Direttore di Liberazione dal 2004 al 2009, poi di Calabria Ora dal 2010 al 2013, nel 2016 passa a Il Dubbio per poi approdare alla direzione de Il Riformista tornato in edicola il 29 ottobre 2019.