La commissione disciplinare del Csm ha esaminato le accuse rivolte da una magistrata di Palermo al procuratore di Firenze Giuseppe Creazzo. Le accuse erano parecchio pesanti. Diciamo molestie sessuali, ma forse anche qualcosa di più. La legge mi pare che in questi casi dica che si tratta di vera e propria violenza sessuale. La magistrata siciliana, secondo la sua ricostruzione, fu nella sostanza aggredita dal dottor Creazzo. Nell’atto di incolpazione c’è scritto che Creazzo tentò di baciarla sulla bocca, armeggiò con la lingua, le mise le mani sul seno sinistro e sul sedere. Lei si difese e resistette. Lo scacciò, e non sporse denuncia penale.

Naturalmente bisogna vedere se è vero tutto questo, visto che i procuratori della Repubblica hanno gli stessi diritti di difesa di uno scippatore di periferia. E il garantismo vale per loro come per tutti. Creazzo ancora ieri si è dichiarato innocente. Se fosse innocente sarebbero gravi le accuse contro di lui. Vedremo in Cassazione. La commissione disciplinare del Csm però (riunita in camera di consiglio e presieduta da David Ermini, vicepresidente del Consiglio superiore) ha preso la più folle delle decisioni che essere umano (o, peggio, gruppo di esseri umani) possa prendere: ha stabilito che le accuse della magistrata di Palermo sono vere, e ha condannato Creazzo a perdere due mesi di anzianità. Si, ragazzi, è inutile che ridiate: è così. Due mesi. Quando andrà in pensione, il dottor Creazzo, invece di avere, poniamo, una anzianità di 480 mesi, dovrà accontentarsi di una anzianità di 478 mesi.

La perdita di retribuzione sarà dello 0,4 per cento. Nessuna pena accessoria, la conferma a procuratore di Firenze e l’assoluzione dalla seconda accusa: quella di avere violato (quando ha aggredito la collega) i doveri di correttezza propri di un magistrato. La commissione disciplinare del Csm ha escluso questo addebito, ritenendo (riferisce l’Ansa) che la vicenda possa “circoscriversi a evento tra privati”. Nasce una nuova giurisprudenza. Preottocentesca.
Io non riesco a commentare. Le mani tremano (di incredulità, di sbigottimento, di rabbia…). Cioè è successo questo ieri, se ho ben capito: il massimo organismo di governo della magistratura italiana ha stabilito che quando un maschio aggredisce sessualmente una donna e le reca violenza, questo atto rientra nei rapporti privati tra loro. È giusto rimproverare il magistrato per il disagio che ha creato col suo comportamento, e per la sua evidente maleducazione, e concretizzare questo rimprovero con una pena simbolica, ma niente di più. Cerchiamo di riprenderci dallo stupore e di ragionare.

Creazzo resta magistrato. Il Csm ha stabilito che l’autore di una violenza sessuale può fare il magistrato. Creazzo non subisce nessuna limitazione di carriera. Creazzo resta Procuratore di Firenze, cioè capo dei pubblici ministeri del capoluogo toscano che – oltretutto – in questi mesi hanno per le mani processi importantissimi. Mi chiedo: come potrà mai la Procura di Firenze, da questo momento, indagare su denunce per molestie sessuali o tentativi di aggressione sessuale? Qualunque imputato potrà difendersi spiegando che la questione che lo riguarda è una questione privata. Ma mi chiedo anche quale autorità morale potrà esercitare il procuratore di Firenze sui suoi sostituti, e i suoi sostituti, a loro volta, sulla cittadinanza. Quale opinione potrà avere, Firenze, della sua magistratura?

Poi c’è un secondo ragionamento da fare. Io non ho una grande opinione – come ho scritto ieri proprio su questo giornale – dell’Ordine dei giornalisti, ma nemmeno di quello degli architetti, degli ingegneri, dei notai. E tuttavia penso che se una cosa del genere fosse avvenuta ad un architetto, o a un ingegnere, o a un notaio – o a maggior, maggior ragione a un avvocato o a un medico – gli Ordini rispettivi si sarebbero comportati in maniera assai più rigorosa.  Perché? Per un motivo semplicissimo: nella società italiana, anche nei piani alti del potere e dell’establishment, nessuno si considera onnipotente. E nessuno pretende il diritto all’impunità. I magistrati si. Si sentono onnipotenti, si sentono casta, difendono coi denti il loro diritto ad essere casta e ad essere l’unica casta. Di essere superiori alla società. Difendono i loro cuccioli dirazzati, li proteggono. Perché anche i cuccioli dirazzati fanno parte dell’incastro del loro potere. E nessuno, mai nessuno, da fuori, deve scalfire quel potere. Altrimenti – gridano – cade l’indipendenza della magistratura. Se nessuno avrà la forza, e l’audacia, e il coraggio di mettere le mani in questa follia, il potere della magistratura crescerà ancora. Diventerà puro arbitrio. Ci siamo vicini.

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Giornalista professionista dal 1979, ha lavorato per quasi 30 anni all'Unità di cui è stato vicedirettore e poi condirettore. Direttore di Liberazione dal 2004 al 2009, poi di Calabria Ora dal 2010 al 2013, nel 2016 passa a Il Dubbio per poi approdare alla direzione de Il Riformista tornato in edicola il 29 ottobre 2019.