Il caos delle nomine
Dopo il Palamaragate sul Csm cala la scure del Tar
Il “nuovo corso” del Consiglio superiore della magistratura post Palamaragate, quella delle scelte condivise e della fine della fine della lottizzazione delle correnti, passa attraverso il Tar (del Lazio). Il trend pare essersi consolidato: tutte le nomine più “importanti” vengono ormai impugnate davanti al giudice amministrativo. L’ultimo caso in ordine di tempo riguarda quello del capo della strategica Procura di Perugia, competente ad indagare sui magistrati della Capitale. Il pm Luca Masini ha presentato ricorso, la discussione è prevista a breve, contro la decisione del Csm di preferirgli l’ex numero uno dell’Anac, Raffaele Cantone. «Masini, dopo aver svolto tutta la sua carriera in diversi uffici requirenti, svolge da quasi cinque anni l’incarico di aggiunto a Salerno. Inoltre è stato per un lungo periodo anche facente funzioni della Procura di Salerno che ha gestito in una fase notoriamente caratterizzata da indagini molto complesse», aveva ricordato, inascoltato, Piercamillo Davigo all’indomani del voto di Palazzo dei Marescialli a favore di Cantone.
«Cantone – aggiunse l’ex pm di Mani pulite che si era speso per Masini – dopo aver svolto il ruolo di sostituto procuratore a Napoli fino all’ottobre 2007, è stato destinato all’Ufficio del massimario della Cassazione e dal 2014 ad ottobre 2019 all’Anac».«Aver ricoperto l’incarico di presidente dell’Anac ha permesso a Cantone, che aveva fatto il pm per soli sedici anni, di prevalere sull’altro concorrente al posto di procuratore di Perugia: in buona sostanza, un incarico politico oramai è titolo per gli avanzamenti di carriera in magistratura. Alla faccia della eliminazione delle commistioni fra politica e magistratura ed in barba al progetto di riforma di Bonafede», aveva commento ironico l’ex laico del Csm Antonio Leone. Prima di Cantone la giostra dei ricorsi si era abbattuta sul nuovo procuratore di Roma Michele Prestipino, già fedelissimo di Giuseppe Pignatone, nominato dal Csm in piena emergenza Covid-19.
Contro di lui era scattato un “triplete” di ricorsi da parte degli sconfitti: Giuseppe Creazzo, procuratore di Firenze, Francesco Lo Voi, procuratore di Palermo, e Marcello Viola, procuratore generale di Firenze. Anche in questo caso la decisione del Tar è attesa a breve.
Il ricorso più “duro” era quello di Viola, secondo cui «il Csm aveva “illegittimamente”» revocato «l’originaria proposta di conferimento» a seguito dello scoppio del Palamaragate. «La revoca della precedente proposta di conferimento (Viola era stato votato in Commissione per gli incarichi direttivi qualche giorno prima che esplodesse il Palamaragate, ndr) dell’incarico era stata adottata pur essendo stato acclarato dallo stesso Csm il “mancato coinvolgimento” di Viola» nel Palamaragate. Anzi, il pg di Firenze era “parte offesa” rispetto alle macchinazioni o aspirazioni di altri: il nome di Viola, come si ricorderà, era stata fatto in un incontro a cui parteciparono alcuni consiglieri del Csm, i deputati Cosimo Ferri e Luca Lotti, e Palamara.
Ma il caso certamente più clamoroso è quello del procuratore di Arezzo Roberto Rossi. “Degradato” dal Csm, la scorsa settimana è tornato al suo posto. Rossi è il procuratore che ha gestito il crac di Banca Etruria. Il Csm lo scorso ottobre non lo aveva confermato nell’incarico perché avrebbe compromesso «il requisito dell’indipendenza da impropri condizionamenti», almeno «sotto il profilo dell’immagine» per aver proseguito l’incarico di consulenza presso la presidenza del Consiglio dei ministri anche dopo l’apertura dell’indagine su Banca Etruria del cui cda faceva appunto parte Pier Luigi Boschi, padre dell’allora sottosegretario Maria Elena. Rossi aveva provato a difendersi al Csm dicendo che si trattava di un «clamoroso e sconcertante travisamento dei fatti», ricordando di essere uscito dal Dipartimento affari giuridici e legislativi a dicembre del 2015, prima del fallimento della banca avvenuto a febbraio del 2016. Tesi respinta da Palazzo dei Marescialli, ma accolta dal Consiglio di Stato.
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