Il caso del procuratore di Firenze
Csm femminista con le afghane, talebano con le italiane: le molestie di Creazzo “un fatto privato…”
Lo scorso mese di agosto il Consiglio superiore della magistratura, all’indomani della presa di Kabul da parte dei terribili talebani, diramò un comunicato-appello dai toni drammatici. «Considerata – scrissero a Palazzo dei Marescialli – la condizione di criticità nella quale attualmente versa, in quel Paese, la garanzia della integrità dei diritti fondamentali, avuto particolarmente riguardo la condizione delle donne e dei minori» e «tenuto conto di quanto dettato dalla Convenzione per l’eliminazione di ogni forma di discriminazione nei confronti delle donne alla quale ha aderito anche l’Afghanistan», «tutte le Istituzioni interne ed internazionali si attivino per quanto di rispettiva competenza al fine di garantire il rispetto dei diritti umani in quel Paese». È urgente, aggiunsero i consiglieri del Csm, «promuovere ogni azione necessaria o utile allo scopo» e bisogna vigilare «sulla effettiva efficacia di ogni intervento a tal fine diretto».
Dopo aver quindi manifestato «piena solidarietà alle donne afghane e in particolare alle donne magistrato», i componenti dell’organo di autogoverno delle toghe espressero «la più viva preoccupazione per l’evoluzione della situazione in Afghanistan auspicando che tutte le Istituzioni interne ed internazionali si attivino per quanto di rispettiva competenza al fine di garantire il rispetto dei diritti umani in quel Paese». La settimana scorsa, invece, sempre gli stessi componenti del Csm, per la precisione quelli della Sezione disciplinare, comminavano la sanzione della perdita di soli due mesi di anzianità al procuratore di Firenze Giuseppe Creazzo, reo di aver molestato sessualmente in un corridoio di un albergo romano, la collega Alessia Sinatra, pm alla Dda di Palermo.
Nella sentenza alcuni dei capi di incolpazione inizialmente a carico di Creazzo erano stati peraltro esclusi dal momento che “la vicenda si poteva ascrivere a un evento fra privati”. In attesa, comunque, di conoscere nel dettaglio le motivazioni di questa sentenza, relatore è il togato progressista Giuseppe Cascini, già procuratore aggiunto a Roma, è già possibile fare qualche considerazione. Ad esempio sulla composizione del collegio giudicante. Presieduto dal vice presidente del Csm David Ermini, su sei componenti cinque erano uomini.
Sarebbe interessante capire perché si sia deciso di comporre un collegio di soli uomini. Infatti, oltre alla togata Paola Maria Braggion che ha fatto compagnia ai cinque, al Csm ci sono altre magistrate. Per la precisione cinque. In ipotesi, dunque il collegio che ha giudicato Creazzo poteva essere composto di sole esponenti del gentil sesso. Ma a parte ciò, vale la pena di ricordare che in questi giorni la pm Sinatra non ha ricevuto la solidarietà dei colleghi. Anzi. Nei suoi confronti sono stati aperti due procedimenti: uno davanti ai probiviri dell’Associazione nazionale magistrati, ed uno davanti alla stessa sezione disciplinare del Csm che ha sanzionato Creazzo. Il motivo è riconducibile alle sue chat con Luca Palamara. Avendo detto che Creazzo era un “porco” e che doveva essere segato quanto prima nella corsa per la Procura di Roma, la magistrata avrebbe commesso una grave “scorrettezza”.
Secondo la Procura generale della Cassazione di questo Paese, lo sfogo di una donna magistrato che ha subito pesanti avances sessuali è passibile di sanzione disciplinare. La magistrata attende il verdetto nei suoi confronti il prossimo 14 gennaio. Ad assistere la pm antimafia è il professore siciliano Mario Serio, già componente laico del Csm. Sarebbe sorprendente se dopo la pronuncia “soft” nei confronti di Creazzo, pur a fronte della gravità del fatto (il procuratore di Firenze, da quanto si è potuto sapere, avrebbe palpeggiato le parti intime della magistrata), la dottoressa Sinatra venisse a sua volta sanzionata. Per il Csm, ed è il dato di fondo, è molto più grave se un magistrato chatta con Palamara che se molesta sessualmente una collega. Forse Sergio Mattarella, che è anche presidente del Csm, non ha tutti i torti quando parla della necessità di una “rigenerazione etica” in magistratura.
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