La donna: "Mi sento una condottiera, non lascio Napoli e cambio questa generazione"
Musicista ucciso, la mamma di Giogiò: “Un metro e 85 di ragazzo mi è arrivato in un’anfora, col sacco a pelo fuori al Csm per cambiare la legge”

“Ti rendi conto? Un metro e 85 di ragazzo mi è arrivato in una borsetta, in un’anfora. Tutti ci dobbiamo indignare”. Sono le parole di Daniela Di Maggio, la madre di Giovanbattista Cutolo – detto Gigiò – il musicista di 24 anni ucciso a Napoli lo scorso 31 agosto da un ragazzino di 16 anni a colpi d’arma da fuoco nel corso di una lite provocata dalla ‘paranza’ del baby pistolero. Ospite di Domenica In, la donna ha annunciato a Mara Venier l’organizzazione di un corteo per il 9 ottobre a Roma, per riformare la legge sull’imputabilità minorile. “Mi metto col sacco a pelo al Csm, che incontrerò domani” ha spiegato la donna che chiede per il 16enne l’ergastolo dopo l’omicidio del figlio.
Per la mamma della giovane vittima ‘‘va rivista tutta quanta la legge“. Di professione logopedista, Di Maggio si sente “una condottiera, come tutti quelli del passato che hanno fatto battaglie meravigliose per avere giustizia. L’omicidio di mio figlio è una cosa così insana e malata che è inaccettabile, e di fronte alle ingiustizie ci si deve indignare, non ci si può più girare dall’altra parte. L’Italia è finita in un buco nero. Voglio fare la riforma di questa legge sciatta, datata 1988: questa è la mia battaglia, e questa legge voglio che sia chiamata Giovanbattista Cutolo. La pistola in mano a quel 16enne l’ha concessa lo Stato, perché i legislatori che guadagnano 30mila euro al mese, in maniera disattenta, senza amore, non hanno capito che servono riforme”.
Giogiò, che suonava nell’Orchestra Scarlatti Junior di Napoli (che si è esibita in studio a Domenica In), “faceva l’aiuto cuoco per arrotondare perché non voleva mai pesare su di me”. Ai funerali le oltre 6mila persone presenti hanno dimostrato “chi fosse mio figlio: Giogiò ha avuto una Napoli che si è inginocchiata a lui nei suoi funerali, perché mio figlio, a parte il talento, aveva una radianza energetica talmente potente che quando gli stavi vicino ti curava, ti guariva. I suoi amici avevano bisogno di lui come un farmaco salvavita. Aveva sempre quelle attenzioni trasversali con tutti, la sua coscienza odorava di bellezza. Usava lo stesso tatto con il figlio del pasticcere, del magistrato e del musicista”.
Alla domanda della Vernier, “a te non è venuta voglia di andare via?”, Daniela ha risposto: “Io adesso devo combattere con mio figlio, devo creare una fondazione. Io ho il dovere di recuperare questa generazione”.
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