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Napoli, è record di innocenti in carcere: milioni in fumo per risarcimenti per ingiusta detenzione

Basta una somma di denaro a ripagare una persona che sia stata sbattuta in carcere ingiustamente? Basta qualche migliaio di euro a risarcire chi ha sopportato la privazione della libertà, il sequestro dei beni, magari il fallimento dell’impresa e il discredito agli occhi dell’opinione pubblica? Certamente no, ma intanto la riparazione per l’ingiusta detenzione sembra l’unica “rivincita” concessa a chi sia stato arrestato e poi completamente assolto da ogni accusa. Ma quello stesso istituto giuridico rivela almeno due tendenze: quella a un uso troppo largo della custodia cautelare e quella del mancato controllo dei magistrati sull’operato dei colleghi. Anche nel distretto di Corte d’Appello di Napoli, da anni ai vertici della classifica dei casi di ingiusta detenzione.
La conferma arriva dall’ultima relazione predisposta dal Ministero della Giustizia. Nel 2018 le decisioni di accoglimento delle domande di riparazione sono state ben 92. In 54 casi l’istanza è stata accolta perché il richiedente era finito in carcere o ai domiciliari, salvo poi prosciolto in primo grado o assolto in appello o in Cassazione. In altre 38 circostanze, invece, la misura cautelare era illegittima. Per Napoli è un triste record: al secondo posto della classifica dei distretti di Corte d’Appello con più domande di riparazione accolte c’è Reggio Calabria con “soli” 65 casi, poi Roma con 62. Tutto normale? Certo che no. Un numero così alto di riparazioni dimostra che qualche magistrato non ha fatto bene il proprio lavoro. O perché non ha esercitato l’azione penale in modo corretto o perché non ha verificato che le misure cautelari fossero state adottate nel rispetto della legge.
In entrambe le ipotesi, qualcuno è stato arrestato ingiustamente con tutte le conseguenze che ne derivano sul piano patrimoniale e personale. «I casi di riparazione dovrebbero essere eccezionali, invece sono troppi – sottolinea Alfonso Furgiuele, avvocato e docente di Procedura penale dell’università Federico II – È grave che le persone vengano private della libertà con tanta leggerezza». Ma quanto sborsa lo Stato per risarcire i cittadini ingiustamente detenuti? Nel 2018, la somma ha superato i 33 milioni di euro per 895 ordinanze di accoglimento e un importo medio di circa 37mila euro. A Napoli i pagamenti sono stati 113 per un ammontare complessivo di due milioni e 400mila euro. Il dato è allarmante sebbene, in questo caso, il distretto di Corte d’appello partenopeo si piazzi alle spalle di Catanzaro, Roma, Catania e Bari. «La riparazione è stata progressivamente svalutata – aggiunge Furgiuele – Le cifre riconosciute sono ridicole rispetto ai danni causati dall’ingiusta detenzione. E a questi, in molti casi, si aggiunge quello del sequestro che può durare svariati anni e spesso, quando ha ad oggetto un’azienda, porta gli imprenditori al fallimento. Così anche la riparazione diventa inutile».
A questo punto la domanda sorge spontanea: il magistrato che abbia ingiustamente spedito in carcere o ai domiciliari un indagato a quali conseguenze va incontro? I dati dell’Ispettorato del Ministero della Giustizia ci parlano di sole 41 azioni disciplinari promosse in tutta Italia, undici delle quali conclusesi con l’assoluzione. Eppure, in alcuni casi, i magistrati che dispongono ingiustamente la carcerazione sono gli stessi che spendono milioni di soldi pubblici per le indagini. «Se c’è stata una responsabilità anche colposa nell’applicazione di una misura cautelare, un magistrato deve risarcire il danno – conclude Furgiuele – così come trovo necessario un controllo più serio anche a livello disciplinare: la libertà personale non può essere calpestata».
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