«I risultati dell’attività giudiziaria sono stati inevitabilmente condizionati dal manifestarsi degli effetti della pandemia da coronavirus». Il presidente della Corte d’Appello di Napoli, Giuseppe De Carolis di Prossedi, lo dice in premessa nella relazione che come ogni anno precede l’inaugurazione dell’anno giudiziario. Quest’anno, per la prima volta, è tutto stravolto dall’emergenza in atto. E che la giustizia napoletana, già in affanno per le croniche carenze di personale e per la grande mole di processi, sia stata messa in seria difficoltà dalla crisi sanitaria del momento non è una novità, ma i numeri del bilancio annuale aiutano a capire quanto.

Se, dunque, nel settore civile con la trattazione scritta si è riusciti a fronteggiare meglio gli effetti del lockdown (14.453 processi definiti in Appello, più di Roma, con un aumento contenuto delle pendenze in tutto il distretto, passate da 205mila a 206mila), è invece andata peggio nel settore penale. «La situazione è sempre più drammatica», evidenzia De Carolis elencando una serie di dati. La pendenza supera i 55mila processi, la sopravvenienza (cioè i nuovi procedimenti) è la più alta d’Italia. Basti pensare che una sola sezione della Corte d’appello di Napoli ha più processi di tutte le sezioni della Corte d’appello di Milano e che a Milano si stanno fissando i processi del 2019 mentre a Napoli quelli del 2013. Per non parlare della qualità: i maxi-processi con videoconferenza e un numero consistente di imputati a Napoli sono centinaia, molti di più che in ogni altro tribunale d’Italia.

«Vorrei che qualcuno se ne rendesse conto», afferma De Carolis lasciando intendere il riferimento alla politica e a chi deve interessarsi di riforme e assunzioni. Perché è la carenza di personale il vero nodo, il nodo da sempre. «Abbiamo fatto le nozze con i fichi», dice ribadendo gli sforzi compiuti dagli uffici. «Ora bisogna fare tesoro di questa esperienza e rendersi conto delle reali esigenze della giustizia. La lentezza dei processi è un problema da quarant’anni». Nel settore penale, le pendenze sono salite a 109.603 nel settore penale del distretto di Napoli, e sono aumentate del 26% al Tribunale dei minorenni e del 17% al Tribunale di Sorveglianza.

Senza cancellieri gli uffici annaspano
Nei tribunali del distretto di Napoli uno dei grandi problemi resta legato alle piante organiche. Se a quelle dei magistrati, in parte, si è provveduto, quelle dei cancellieri e del personale amministrativo in generale restano una criticità irrisolta. Si pensi che in Corte d’appello a Napoli a fronte di 86 magistrati ci sono 143 dipendenti nelle cancellerie, mentre a Benevento si contano 31 magistrati e 145 dipendenti, a Campobasso 10 magistrati e 60 dipendenti. E i compiti della Corte d’appello non si esauriscono con la definizione dei processi in secondo grado, spaziando dalle elezioni suppletive al Csm al consiglio giudiziario, alle spese di giustizia. Ancor più grave la situazione al Tribunale di Napoli Nord che, pur avendo definito il più alto numero di procedimenti del distretto (24.964), ha aumentato la pendenza (22.571 processi sopravvenuti) ma ha un organico inferiore al Tribunale di Santa Maria Capua Vetere che ha numeri ben più contenuti: una sopravvenienza di 16.232 processi e un numero di definizioni pari a 17.514 procedimenti nell’ultimo anno.
Reati informatici in forte aumento
La pandemia ha inciso non solo sul funzionamento della giustizia, ma anche sull’andamento delle indagini e sul trend dei reati tra Napoli e provincia. I fascicoli aperti in Procura sono diminuiti del 10% e, dai dati forniti dalla Questura a consuntivo dell’ultimo anno, emerge che, a fronte di molti reati in calo, è boom di reati informatici e violenze domestiche. Il calo è stato del 18,15% del numero complessivo dei reati (passati dai 130mila del 2019 ai 106.653 del 2020) e ha riguardato in particolare gli omicidi, colposi o mafiosi, le estorsioni, le associazioni a delinquere, gli incendi, lo spaccio di droga, le contraffazioni, nonché gli scippi e le rapine su cui hanno evidentemente inciso le limitazioni alla mobilità dovute alla pandemia. Sono invece aumentati i reati informatici (+24,31%) e le violenze domestiche benché, per quest’ultimo tipo di reati, le statistiche non collimino con il trend in aumento a riprova del fatto che le violenze familiari restano ancora nel sommerso per la difficoltà e la paura che molte vittime hanno nel denunciare.
Col virus boom di prescrizioni
I tempi del processo continuano a non essere ragionevoli e in un caso su due portano alla prescrizione. Nell’ultimo bilancio annuale del distretto di Napoli, si scopre che l’incidenza della prescrizione è di gran lunga maggiore in Corte d’appello. In secondo grado, nell’ultimo anno, i procedimenti penali che si sono conclusi con l’estinzione del reato perché si sono superati limiti massimi di tempo per tenere una persona sotto processo in considerazione delle accuse in contestazione, sono stati 3.626, pari al 39,6% mentre negli altri uffici del distretto sono stati complessivamente 67 per il dibattimento collegiale (pari al 4,9%), 2.565 per il dibattimento monocratico (9,6%), 2.563 per le sezioni Gip e Gup (4,4%), 2.302 per le Procura (2,4%). I numeri sulle prescrizioni sono aumentati in quest’ultimo anno per via degli effetti della pandemia. Il presidente De Carolis spiega che, se prima della pandemia il numero delle prescrizioni non superava il 20% dei processi, nell’ultimo anno la percentuale è raddoppiata. «Sembra di lavorare a vuoto», commenta con evidente amarezza.
Il nuovo business dei clan
Il Covid è diventato l’ultimo business della camorra. I clan stanno investendo in dispositivi di protezione individuale, cioè in mascherine anticontagio puntando a gestire il mercato della commercializzazione e arrivando a venderle in grosse quantità anche a ospedali e enti locali. È allarmante il quadro che emerge dal bilancio dell’ultimo anno di attività giudiziaria. «Il riciclaggio e il rivestimento di denaro da parte della criminalità organizzata è risultato più difficoltoso, non potendo accedere agevolmente al tradizionale mercato delle imprese turistiche, della ristorazione e dell’abbigliamento ma trovato nuove fonti di riciclaggio e di guadagno», spiega il presidente De Carolis nella sua annuale relazione. «La camorra spara meno ma, come sempre nei momenti di crisi e come già accaduto con il terremoto, è agguerrita e determinata a spartirsi la torta – mettono in guardia il vertici della Procura generale – Abbiamo bisogno di una risposta strategica man mano che ci avviciniamo alla spartizione dei fondi».
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Napoletana, laureata in Economia e con un master in Marketing e Comunicazione, è giornalista professionista dal 2007. Per Il Riformista si occupa di giustizia ed economia. Esperta di cronaca nera e giudiziaria ha lavorato nella redazione del quotidiano Cronache di Napoli per poi collaborare con testate nazionali (Il Mattino, Il Sole 24 Ore) e agenzie di stampa (TMNews, Askanews).