Il numero continuerà a crescere
Nati e cresciuti in carcere, l’infanzia negata ai troppi bambini detenuti con le madri
Sono tanti i piccoli costretti a vivere in cella con le madri: non hanno stimoli e si sentono inferiori. A loro sono negate anche le ore d’aria dell’asilo, mentre i coetanei partono per la gita di Ferragosto
Storie di un’infanzia negata, di chi scorge uno spiraglio di luce solo attraverso le sbarre. È l’infanzia negata dei bambini che vivono in carcere con le loro madri recluse. Nessun luogo di stupore; tutto è scandito dalla dittatura di orari prestabiliti. Poche vie di fuga, attimi eterni consumati nell’attesa infinita di qualche volontaria che regali loro un momento di gioco. Sono 25 i bambini che vivono in carcere con le madri. L’ultimo è arrivato da una settimana nel carcere di Rebibbia: ha solo tre mesi, è di origini croate, e la madre, di etnia rom, è stata arrestata per reati contro il patrimonio. Con lui ci sono altri due bambini, un italiano e un polacco, entrambi di due anni e mezzo.
Il futuro rubato
Per comprendere il deficit affettivo, sensoriale e relazionale a cui sono sottoposti questi bambini, non serve aver studiato Freud o Lacan; basta visitare le carceri e osservare la luce innaturale che filtra nelle loro giornate. Assenza di stimoli, ripetitività dei gesti, senso di inferiorità. Poche parole, sempre le stesse, quelle che sentono all’interno del carcere. Rumori che rimangono per sempre. Un “fine pena mai” per bambini innocenti a cui viene rubato il futuro, che escono dal carcere con cicatrici di ansia e una sensazione di sollievo difficile da conquistare. In questo torrido agosto, mentre i loro coetanei gioiscono per la chiusura delle scuole, si annoiano in qualche località estiva, guardano le stelle di San Lorenzo oppure organizzano la rituale gita di Ferragosto, a loro sono negate anche le ore d’aria dell’asilo, le poche concesse per “evadere”.
Il numero dei bimbi in carcere tornerà a crescere
Con l’approvazione del decreto carcere è stato cancellato l’obbligo del differimento della pena per le donne in gravidanza o con figli di età inferiore a un anno. Il numero di bambini in carcere quindi tornerà a crescere. Prima dell’approvazione, l’UNICEF Italia aveva esortato il Parlamento a trovare un accordo bipartisan per individuare una soluzione adeguata a rendere concreta la Convenzione ONU sui diritti dell’infanzia, sostenendo la necessità di finanziare le case-famiglia protette ed evitare che i bambini siano costretti a vivere in carcere con le madri. Un appello rimasto, purtroppo, inascoltato.
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