Civili allo stremo
Negoziato tra ministri degli esteri russo e ucraino, cosa è successo al summit di Antalya
La diplomazia colleziona l’ennesimo fallimento “itinerante”, mentre in Ucraina si continua a morire. Sotto le bombe, i colpi di artiglieria pesante, nel quindicesimo giorno della guerra scatenata da Vladimir Putin. «L’ospedale pediatrico di Mariupol era usato come base del battaglione Azov, non c’erano pazienti». È la lapidaria spiegazione fornita ieri dal ministro degli Esteri Sergji Lavrov, facendo riferimento al reparto militare neonazista inquadrato nelle forze armate di Kiev all’indomani dei bombardamenti di mercoledì, durante i quali secondo fonti locali sarebbero rimaste uccise tre persone tra cui una bambina. Da parte occidentale “assistiamo a pianti patetici”, ha aggiunto.
Stride tuttavia, rispetto alla sicurezza di Lavrov, quanto dichiarato più o meno in contemporanea dal portavoce del Cremlino, Dmitri Peskov: «Chiederemo senz’altro informazioni ai nostri militari perché, come voi, non abbiamo una informazione chiara su ciò che è accaduto e i militari ci daranno spiegazioni». Nella notte di mercoledì, invece, in un messaggio in russo, il presidente dell’Ucraina Volodymyr Zelensky aveva parlato del raid sulla struttura sanitaria come di “crimine di guerra”, aggiungendo: «Un ospedale per bambini, un reparto maternità. Come minacciavano la Federazione Russa? Non abbiamo fatto né avremmo mai niente come questo crimine di guerra nelle città del Donetsk o del Lugansk, o di qualche altra regione». Intanto, dopo i molteplici tentativi falliti di evacuare la popolazione civile prosegue l’assedio della città, di grande importanza strategica per Mosca perché il suo controllo permetterebbe una continuità territoriale tra Donbass, Crimea e la regione di Kherson conquistata all’inizio dell’offensiva, e taglierebbe fuori l’Ucraina da ogni accesso al Mar D’Azov: «Ora a Mariupol c’è un attacco aereo degli occupanti russi – si leggeva ieri sul canale Telegram del municipio – Le bombe hanno colpito le case. Colpito anche l’edificio dell’università nel centro della città. Registrato anche un attacco nell’area del Teatro Drammatico».
Ci sono ancora molte persone a Mariupol che stanno rimanendo senza cibo per i figli: l’allarme arriva dal Comitato internazionale della Croce Rossa che avverte del rischio di tumulti nella città portuale, dove circa 400mila persone sono assediate da oltre una settimana. In città mancano acqua e riscaldamento e, secondo il team della Croce Rossa, ci sono già adesso risse per il cibo e anche per il carburante. Inoltre, sono state saccheggiate farmacie e negozi e, con la temperatura che la notte scende anche a -5 gradi, è molto difficile riscaldarsi. Secondo la Croce Rossa, c’è il rischio che la gente cominci ad ammalarsi. In mattinata il ministro della Difesa russo aveva fatto sapere di avere il controllo dei quartieri occidentali della città. Le autorità locali stimano che in “nove giorni di continui bombardamenti della popolazione civile” i morti siano oltre 1.200, e che ci siano “mezzo milione di persone senza luce, acqua, riscaldamento e comunicazioni”.
La stima sulle vittime potrebbe essere parziale: «Non sappiamo quanti sono perché non riusciamo a raccogliere tutti i corpi e contarli», ha detto il vicesindaco Sergei Orlov. Sul piano diplomatico, il ministro degli Esteri ucraino Dmytro Kuleba ha deplorato la mancanza di progressi su un cessate il fuoco. Per la prima volta dall’inizio del conflitto, ieri i ministri degli Esteri si sono ritrovati faccia a faccia nel sud della Turchia, ad Antalya. Da una parte il ministro ucraino dall’altra l’omologo russo Sergei Lavrov. «Abbiamo parlato di un cessate il fuoco – ha dichiarato alla stampa Dmytro – ma non sono stati compiuti progressi in questa direzione – aggiungendo – che però con Lavrov hanno deciso di continuare i colloqui in questa forma. La sua narrazione sull’Ucraina è difficile. Io ho fatto del mio meglio per trovare una soluzione diplomatica alla tragedia umanitaria che sta avvenendo sul campo di battaglia e nelle città assediate», ha spiegato Kuleba, dicendosi “pronto a continuare l’impegno per porre fine alla guerra e alle sofferenze dei civili”. Intanto, prosegue il martirio di Mariupol.
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