Kirill aveva 18 mesi, è morto nei bombardamenti russi. A nulla è servita la corsa dei genitori per soccorrerlo nell’ospedale senza elettricità né riscaldamento. Iliya aveva 16 anni, è morto in un attacco mentre giocava a calcio. La foto del padre che lo piange avvinghiato al suo corpo coperto da un telo bianco è diventata virale in tutto il mondo. Tanya invece aveva sei anni. È morta “sola, spaventata, debole e assetata”, disidratata. Tutti e tre sono morti a Mariupol, la città nel sudest dell’Ucraina, affacciata sul Mare d’Azov, intrappolata dall’assedio delle forze di Mosca da giorni.

Città martire, sotto il fuoco ancora in queste ore. Le tragedie di tre bambini, giovanissimi, non resteranno presumibilmente isolate a giudicare dalle parole del vicesindaco Sergiy Orlov che ha descritto la città come “sotto il continuo attacco dei bombardamenti russi”. Ha parlato di 1.170 vittime, 47 sepolte soltanto oggi in una fossa comune. Non c’è acqua, non c’è riscaldamento, elettricità, gas. Si brucia la legna e beve la neve: un assedio medievale, lo ha definito il sindaco.

“La Russia continua a tenere in ostaggio oltre 400mila persone a Mariupol, blocca gli aiuti umanitari e l’evacuazione. Continuano i bombardamenti indiscriminati. A quasi 3.000 neonati mancano medicine e cibo”, ha denunciato su Twitter il ministro degli Esteri ucraino Dmytro Kuleba. Il corridoio Mariupol-Zaporizhzhia doveva essere attivato oggi dalle 9:00 alle 21:00. La tregua per le evacuazioni era fallita ripetutamente nei giorni scorsi. E così sta succedendo anche oggi, secondo le denunce delle autorità ucraine, sui sei corridoi predisposti dall’accordo. Accuse di violazioni sono arrivate oggi anche da Bucha, a nord di Kiev, dove il consiglio comunale ha accusato i russi di bloccare il corridoio e l’evacuazione. Kuleba ha esortato la comunità internazionale “ad agire” per mettere fine alla “barbara guerra” di Mosca “contro civili e bambini”. La richiesta di Kiev è sempre la stessa: No Fly Zone. L’Occidente la esclude, equivarrebbe a entrare in un conflitto diretto con Mosca.

 

La diplomazia proclama ma langue, e così sul campo si continua ad attaccare. Domani dovrebbe esserci un incontro, in Turchia, tra il ministro Kuleba e l’omologo russo Sergey Savrov. Sarebbe, qualora dovesse essere confermato, il vertice di più alto livello dall’esplosione della guerra. Ma intanto a Mariupol si muore. Secondo gli osservatori internazionali la conquista della città permetterebbe alla Russia di unire i due territori che dal 2014 rappresentano di fatto enclave russe in Ucraina: la penisola di Crimea, annessa; e le regioni del Donbass dove i separatisti filorussi hanno proclamato due sedicenti Repubbliche Popolari, quella di Luhansk e quella di Donetsk.

Nella città martire si seppelliscono i morti in una fossa comune. Le autorità, nell’attesa di una tregua che possa consentire la ripresa delle sepolture individuali, procedono con una fossa di circa 25 metri scavata in uno degli antichi cimiteri nel cuore della città. Sia vittime civili che soldati. I lavoratori dei servizi sociali comunali hanno anche portato via corpi dalle case, tra cui alcuni civili morti per malattie o cause naturali. Impossibile sul posto un ultimo saluto dei cari.

Il capo dell’amministrazione militare regionale di Donetsk, Pavlo Kyrylenko, citato da Ukrinform, ha fatto sapere nel primo pomeriggio che un raid aereo russo ha distrutto un ospedale con reparti maternità e pediatrici. Mosca pretende da Kiev il riconoscimento della Crimea russa, l’indipendenza delle Repubbliche del Donbass, la “smilitarizzazione” e la neutralità. Al fotografo che all’ospedale senza luce né riscaldamento aveva scattato le foto di Kirill, il neonato morto nella tragedia della città assediata, uno dei medici che aveva provato a salvare il piccolo aveva detto: “Mostrale a Putin”.

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Giornalista professionista. Ha frequentato studiato e si è laureato in lingue. Ha frequentato la Scuola di Giornalismo di Napoli del Suor Orsola Benincasa. Ha collaborato con l’agenzia di stampa AdnKronos. Ha scritto di sport, cultura, spettacoli.