Nicola Lagioia, direttore del salone del Libro di Torino dal 2016, ha deciso di non ricandidarsi. Sarà ancora alla guida della manifestazione torinese fino all’edizione 2023 e poi cederà il testimone a un altro o a un’altra. Il nome si saprà tra poche settimane. Ma la notizia non può che suscitare interesse. Perché lo scrittore premio Strega non lascia in polemica con le istituzioni, non lascia perché le cose vanno male, non lascia perché è stata una brutta esperienza.

Lascia, lo ha spiegato lui in un lungo post su facebook, proprio perché il Salone del libro, che pure ha attraversato anche in questi anni momenti critici, va bene. Molto bene. Scrive Lagioia: “La bella notizia è che il Salone non è stato solo salvato, ma stabilizzato, rilanciato, innovato, rafforzato. Oggi è una delle fiere editoriali di maggiore solidità e successo al mondo”. Il fatto eccezionale, quasi unico nel panorama politico-culturale italiano, è che invece di “piazzarsi” e non mollare la poltrona, il direttore saluta e lo fa con una serie di motivazioni che andrebbero incorniciate e imparate a memoria. Una in particolare: “Per i ruoli di responsabilità istituzionale (il marchio del Salone è privato, buona parte del finanziamento pubblico) credo sia salutare un ricambio, anche molto prima dei “raggiunti limiti di esercizio”.

Si chiama democrazia, si chiama ricambio, si chiama pluralismo. Tanti nomi per indicare un comportamento che se tutti dovessero farlo proprio, renderebbe questo Paese, la sua cultura, le sue istituzioni migliori. Lagioia ha rilanciato il Salone, gli ha dato nuova linfa, lo ha fortificato. Il suo gesto non fa che renderlo ancora più forte, più strutturato. Un’eredità preziosissima per chi arriverà. E chissà che pure in altre città e in altre manifestazioni non si segua il suo esempio.

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Vicedirettrice del Riformista, femminista, critica cinematografica