Qualche giorno fa il tribunale di Sorveglianza ha deciso di scarcerare Denis Verdini per ragioni sanitarie. Il motivo di questa decisione è semplice e, direi, indiscutibile. Nel carcere di Rebibbia i malati di Covid sono ormai più di 100, quasi un detenuto su dieci ha preso il virus. Verdini è stato imprigionato recentemente, per reati finanziari, ed è uno dei detenuti anziani. In maggio compirà i 70 anni. Ha diversi problemi di salute che riguardano il funzionamento del suo cuore e dei suoi polmoni. Questo lo rende particolarmente vulnerabile: se dovesse beccarsi il virus rischierebbe una malattia molto grave o anche la morte.

I giudici di sorveglianza hanno esaminato i referti medici e il certificato dell’anagrafe e, applicando la legge, gli hanno concesso la scarcerazione provvisoria, cioè l’invio agli arresti domiciliari. Per ora il provvedimento avrà una durata di soli due mesi, il tempo che finisca l’emergenza sanitaria. Poi a fine marzo Verdini dovrebbe tornare in carcere, se non ci saranno novità. Per quanto tempo? Ai primi di maggio compirà i 70 anni e la legge prevede che, in linea di massima, le persone che hanno compiuto i 70 anni scontino la pena ai domiciliari, o ai servizi sociali. Però questa norma non prevede l’automatismo: è affidata al giudizio dei magistrati.

La liberazione di Verdini ha suscitato, naturalmente, delle polemiche. Voi sapete bene che la gran parte degli opinion leader, in Italia, e dei giornalisti (e naturalmente dei politici) sono travolti da una irrefrenabile amore per le manette e le punizioni. La principale religione laica, oggi come oggi, è quella che venera il Dio forca. Dunque la notizia della scarcerazione dell’uomo che per molti anni è stato l’ombra di Berlusconi ha gettato nello sconforto e provocato una montante rabbia in gran parte dei nostri commentatori. Invece è soprattutto una buona notizia. Perché è la notizia di una legge rispettata. Perché scrivo “soprattutto”? Perché ora ci aspetteremmo la liberazione di molti altri prigionieri che si trovano in condizioni molto simili a quelle di Denis Verdini.

Quanti? Intanto, secondo gli ultimi dati ufficiali, alla fine del 2020 c’erano in prigione 850 persone che hanno più di 70 anni. Un numero molto alto. Probabilmente pochissime, tra loro, costituiscono un pericolo per la società. E quindi è possibile scarcerarle tutte o quasi tutte. O lo fanno i tribunali di Sorveglianza, che però, probabilmente, a questo punto son oberati dal lavoro, o lo fa il governo con un decreto. Poi si potrebbe anche prendere in considerazione la liberazione delle persone leggermente più giovani, per esempio i detenuti con più di 60 anni. Sono 3780. In questo modo, probabilmente, si potrebbe ottenere una prima, seppur modesta, riduzione del sovraffollamento nelle carceri, che in questi mesi è molto forte, mentre il Covid picchia duro.

C’è solo Travaglio, credo, che non si è accorto di quanto sia drammatica la situazione Covid nelle prigioni. Oltretutto si potrebbero prendere ancora un paio di provvedimenti, sempre a norma di legge o attraverso un decreto, che produrrebbero un ulteriore ridimensionamento del sovraffollamento: scarcerare tutti i detenuti che sono stati condannati a una pena inferiore a un anno (si suppone per crimini non atroci) che sono circa 1000 e poi anche quelli con pene inferiori ai due anni, che sono più di duemila.

Realizzando queste poche e ragionevolissime misure avremmo una riduzione della popolazione carceraria di 7.700 unità, circa, cioè di oltre il 15 per cento. Poi, certo, se vivessimo in un paese tollerante e liberale, potremmo addirittura giungere fino all’indulto e all’amnistia. Ma questo richiederebbe la presenza in Parlamento di una classe politica. Circostanza, al momento, quasi impossibile.

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Giornalista professionista dal 1979, ha lavorato per quasi 30 anni all'Unità di cui è stato vicedirettore e poi condirettore. Direttore di Liberazione dal 2004 al 2009, poi di Calabria Ora dal 2010 al 2013, nel 2016 passa a Il Dubbio per poi approdare alla direzione de Il Riformista tornato in edicola il 29 ottobre 2019.