Dall’ergastolo a 24 anni di reclusione. Questa la sentenza del processo di secondo grado che vede imputati i fratelli Marco e Gabriele Bianchi accusati dell’omicidio di Willy Monteiro Duarte, ucciso a calci e pugni in una piazza di Colleferro il 6 settembre del 2020. I giudici della prima Corte d’Assise d’Appello di Roma, presieduta da Vincenzo Gaetano Capozza, hanno riconosciuto le attenuanti generiche. Confermate le altre due condanne: 21 anni inflitti a Mario Pincarelli e i 23 anni a Francesco Belleggia, ai quali già in primo grado vennero riconosciute le attenuanti generiche.

In aula presenti i quattro imputati e i parenti di Willy, il giovane di origini capoverdiane, quella sera era stato picchiato a morte per aver tentato di aiutare un amico, Federico Zurma, precedentemente preso di mira dai quattro giovani condannati.

“Accettiamo questa decisione, va bene così” è il commento dei genitori di Willy, Lucia e Armando, raccolto dal Corriere.it. “Era una delle decisioni possibili, la più probabile viste le attenuanti concesse in primo grado agli altri imputati – osserva Domanico Marzi, legale della famiglia -. Hanno agito in quattro con differenze davvero minime tra loro. Siamo contenti comunque che in meno di tre anni ci sia stata una sentenza di secondo grado che ha riconosciuto la loro colpevolezza”.

“Più o meno me l’aspettavo. Nessuna sentenza mi darà più mio figlio. Sento di avere avuto giustizia? Accetto la giustizia che è stata fatta. Il perdono è un’altra cosa. Non provo rabbia, non so se è una sentenza giusta o non giusta” sono le parole di mamma Lucia dopo la sentenza.

“La pena non è una vendetta sociale, ma il meccanismo che deve far funzionare il recupero delle persone secondo l’idea espressa della Costituzione” ha detto in mattinata l’avvocato di Gabriele Bianchi, Valerio Spigarelli, concludendo le repliche nel corso dell’udienza nel processo d’appello. La difesa aveva chiesto l’assoluzione per gli imputati con Spigarelli che ha definito “squilibrata” la sentenza di primo grado, perché “poggiata sulla mostrificazione degli imputati. Una pena ingiusta – ha detto -. Tutto questo non restituisce ciò che è stato tolto, ma sarebbe una ulteriore ingiustizia in un processo ingiusto che di ingiustizie ne ha viste già tante”. Il sostituto procuratore generale Bruno Giangiacomo aveva invece chiesto alla Corte di confermare le condanne del primo grado.

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