Nel “Si&No” del Riformista al centro del dibattito le vignette sulla morte di Berlusconi: è giusto fare satira in queste circostanze? Favorevole il giornalista Giulio Pinco Caracciolo, secondo cui le vignette sono giuste “perché la satira è un cocktail ben miscelato da versare su chiunque“. Contrario il vignettista satirico Federico Palmaroli, meglio conosciuto come Osho. “Non credo che infierire su chi non c’è più sia divertente” spiega.

Qui il commento di Federico Palmaroli (Osho):

Mi ha fatto sempre sorridere, ogni volta che veniva a mancare un personaggio della tv, la frase usata dai media che ne accompagnava il commiato: “Se ne va l’ultimo signore della TV”. E visto che l’avrò sentita almeno venti volte, mi chiedevo: “Ma possibile che in TV c’erano solo signori? Un burino ci sarà stato?”. Ecco, di Berlusconi possiamo dire che è stato veramente il Signore della TV, perché – almeno quella commerciale – l’ha inventata lui.

Ma Berlusconi è stato anche il Signore dell’umorismo, sia per la sua nota abilità nel raccontare barzellette (a volte in verità sembravano tali anche i suoi slogan elettorali) sia perché non credo ci sia stato politico più bersagliato di lui dalla satira degli ultimi trent’anni. Per onestà bisogna riconoscergli la capacità di stare sempre allo scherzo, anzi direi che fosse fermamente convinto della necessità anche della narrazione satirica per l’elevazione del personaggio. Berlusconi ha rappresentato per la satira un po’ quello che ha significato il Milan di Arrigo Sacchi per il calcio, tanto per restare nell’orto delle skill del Cavaliere. Del resto, era impossibile non fare satira su Berlusconi. Al di là della verità o meno di alcune vicende che lo hanno riguardato, al comico basta poco per l’innesco. Ed ecco là che dal suo ruolo politico fino alla sua vita privata, anche per me di praterie se ne sono aperte tante. Basti ricordare la battaglia legale con Veronica Lario, fino alle non-nozze con Marta Fascina passando per l’adozione di Dudù. Per non parlare dell’ultima sfida lanciata al mondo quando si era incaponito con il Quirinale.

E veniamo a oggi. In tanti mi hanno chiesto come mai ancora non ho creato qualcosa sulla dipartita del Cavaliere. La spiegazione sta nel fatto che ho avuto sempre una grande difficoltà a fare ironia o parodia su questioni di salute e sulla morte, anzi me lo sono sempre imposto come paletto. Certo, non sempre la satira deve essere feroce, ci sono tanti modi di farla. Ognuno ha la propria “cifra”. Sotto l’insegna “Satira” possiamo trovare le vignette di Charlie Hebdo che ironizzano sul terremoto di Amatrice così come la matita delicata di Mauro Biani. Ognuno ha un proprio modo di esprimersi e credo che la scelta sia dettata soprattutto dall’efficacia di quella strada. Credo che nessun percorso creativo possa essere imbrigliato in definizioni rigide e regole certe. Sento di doverlo sottolineare perché recentemente sono stato protagonista di una polemica relativa al ruolo della satira e in quell’occasione i probiviri incaricati della stesura della Carta dell’Umorismo hanno stabilito che la mia non è satira perché difetta dell’elemento dell’aggressività.

E va bene, allora diciamo che io faccio semplici battute (o almeno ci provo). Non è così importante la definizione. Lo dice pure Shakespeare che “la rosa, anche se lo chiamassimo con un altro nome, serberebbe pur sempre lo stesso dolce profumo”. Io credo che il mio modus sia arrivato al pubblico perché riesce a fare una trasposizione dei temi della politica nazionale e internazionale narrandoli come se fossero fatti di vita quotidiana dei “comuni mortali”. Altri probabilmente ritengono che infierire sarcasticamente su un cadavere ancora caldo sia divertente. Dipende dal proprio target e dal proprio buon gusto. In ogni caso sia sempre salva la libertà di satira, ma allo stesso tempo anche quella di trovarla sgradevole.

Federico Palmaroli (Osho)

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