Nel “Si&No” del Riformista al centro del dibattito le vignette sulla morte di Berlusconi: è giusto fare satira in queste circostanze? Favorevole il giornalista Giulio Pinco Caracciolo, secondo cui le vignette sono giuste “perché la satira è un cocktail ben miscelato da versare su chiunque“. Contrario il vignettista satirico Federico Palmaroli, meglio conosciuto come Osho. “Non credo che infierire su chi non c’è più sia divertente” spiega.

Qui il commento di Giulio Pinco Caracciolo:

Il limite della satira dev’essere dettato esclusivamente dal buon senso. Un elemento che in ogni caso andrebbe utilizzato ogni volta che si mette mano alla tastiera. Saldamente ancorata a una tradizione millenaria la satira è una forma artistica graffiante, un cocktail di sarcasmo, ironia, dissacrazione e paradosso che dovrebbe essere ben miscelato. Destinatario è sempre il pubblico che dopo averla “assaggiata” deve avere una reazione. Può storcere il naso, ridere, abbozzare un sorriso o addirittura essere totalmente contrariato; l’importante è che abbia una reazione.

Sì perché la satira che non suscita nessun sentimento, negativo o positivo che sia, non ha raggiunto lo scopo desiderato. Come un cocktail che non sa di nulla. Se ci fosse un limite non sarebbe satira, ma critica. In giurisprudenza il diritto di satira non è contemplato dall’ordinamento italiano, che invece prevede e tutela il diritto di cronaca e di critica. E sostanzialmente è una modalità corrosiva del diritto di critica partendo dai fatti della cronaca, alterandone gli accaduti e addirittura i tratti somatici, morali e comportamentali dei loro protagonisti. E per raggiungere questo scopo, non solo la satira non deve avere limiti ma le è pure concesso veicolare notizie non vere. Spazio quindi alla fantasia, alle metafore surreali, alle prese in giro. Soprattutto se sono rivolte ai potenti. Sì, perché quella politica è di gran lunga la tipologia che raccoglie maggior interesse e consenso in ogni collettività. È il politico il miglior ispiratore della satira. Un soggetto che ha un’aura così pubblica che fornisce all’autore ampia libertà nella creazione di contenuti.

Tra l’altro è proprio un particolare atteggiarsi dell’uomo di Stato a renderlo bersaglio facile e privilegiato della satira. Mettere alla berlina il personaggio intoccabile per definizione è proprio lo scopo principale. In sostanza si tratta di una sorta di escamotage per dire quella cosa sulla punta della lingua di tutti ma che nessuno ha avuto il coraggio di dire. Quel pensiero ironico, più o meno cattivo, che tutti abbiamo pensato almeno una volta ma che nessuno ha mai osato espletare. E non è un caso che anche nei regimi più autoritari, la satira sia spesso tollerata. Perché è un’arma a doppio taglio. Esaltando i difetti del personaggio potente preso di mira lo abbassa ponendolo sullo stesso piano dell’uomo medio. La satira in questo modo diventa applicazione diretta di un principio di uguaglianza e veicolo di democrazia. E spesso il politico di turno trae enorme vantaggio dalle prese in giro che ne conseguono, lo rendono più simpatico e a volte ancora più amato dal pubblico-elettorato. Ma fondamentale per il bersagliato, è saper incassare le critiche ironiche scherzandoci a sua volta.

Non bisognerebbe quindi avere paura di esagerare con la satira che interviene su quegli aspetti del personaggio che, grazie alla cronaca, sono ormai di dominio pubblico. Senza ledere l’onore o la reputazione, regole sempre fondamentali, ma prendendo in giro senza limiti. Si può parlare di qualsiasi cosa, non dovrebbero esistere argomenti intoccabili, ma ogni battuta dev’essere satiricamente giustificata. Non si può fare satira solo perché fa ridere l’autore ma deve sempre veicolare un messaggio. Questo è l’unico limite. A pensarci bene, qualcuno ha provato a zittire la satira in maniera brutale, tentando di darle un limite perché aveva preso di mira temi intoccabili. È stato mercoledì 7 gennaio 2015 con la redazione di Charlie Hebdo in Francia e tutti sappiamo come è andata. Loro non hanno smesso, anzi.

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