Sei Punte
Un’escrescenza delle Nazioni Unite
Ostaggi israeliani nascosti nei rifugi dell’Unrwa: l’Italia chiude i rubinetti
Smettere di finanziare l’agenzia dell’Onu per il sussidio dei rifugiati palestinesi in Medio Oriente non significa depauperarli, bensì non alimentare ulteriormente l’enorme bacino di corruzione e connivenze

Il vice presidente del Consiglio e ministro degli Esteri, Antonio Tajani, ha annunciato che l’Italia cesserà di collaborare con l’Unrwa, l’agenzia dell’Onu per il sussidio dei rifugiati palestinesi in Medio Oriente. Lo ha fatto spiegando che il contributo italiano alla cooperazione internazionale avverrà, come già avviene, per il tramite di altre agenzie.
Un ruolo diverso
L’Unrwa è ormai da tempo solo nominalmente un’escrescenza delle Nazioni Unite: di fatto è un’organizzazione palestinese, che di internazionale non ha nulla se non i soldi che la finanziano e le coperture che ne perpetuano l’esclusiva monopolistica. L’Unrwa, non da oggi, riconosce apertamente di non limitarsi alla prestazione dei servizi umanitari cui sarebbe deputata, e piuttosto rivendica il ruolo diverso e indebito di attrice politica nella regione, un ruolo di contrasto risarcitorio che si oppone a settantacinque anni di presunta ingiustizia coloniale israeliana.
È normale, ma inaccettabile, che in un simile ribaltamento di funzioni l’Unrwa ritenga di poter fare spallucce se il proprio personale partecipa ai massacri del 7 ottobre, se i propri dirigenti dividono il proprio tempo tra le riunioni alle Nazioni Unite e quelle con i plenipotenziari di Hamas, se gli edifici dell’Onu diventano gli alloggi per i terroristi, se le scuole e gli ospedali sono tramutati in arsenali. Da quel punto di vista strabico, infatti, tutti questi sono dettagli trascurabili o perfino giustificabili visto che compongono un quadro di resistenza a un’ingiustizia pregressa e più grave.
Il video
Per questo non fa notizia il video di un dipendente dell’Unrwa che carica nel baule e porta a Gaza il cadavere di un israeliano ucciso: poca roba, a fronte di mezzo secolo e più di apartheid. Per questo non succede nulla se il segretario generale dell’Onu chiama “colleghi” – deplorandone l’uccisione – propri dipendenti documentatamente affiliati a Hamas: minuzie, a fronte del genocidio in corso. Per questo l’Unrwa non fa una piega se nelle scuole che gestisce vengono distribuite ai bambini palestinesi delle graziose brochure con le icone delle armi e degli attrezzi buoni a uccidere gli ebrei, così imparano che non c’è solo il lanciarazzi, scomodo e pesante, ma va bene anche il coltello, l’accetta, la molotov. È ingiusto mettere questa roba in mano ai bimbi? Sicuro: ma, secondo quell’impostazione perversa, meno ingiusto di ciò che lo rende necessario, vale a dire la soperchieria israeliana che l’Unrwa, con il proprio esercito di insegnanti, contribuisce a combattere come può.
Smettere di finanziare questa piovra non significa depauperare la già provata popolazione palestinese: significa non alimentare ulteriormente l’enorme bacino di corruzione e connivenze in cui sfocia il flusso di miliardi che troppi, in modo irresponsabile, continuano a garantire. Non sono soldi sottratti ai civili palestinesi, ma a chi sequestra i camion degli aiuti per rivenderli a strozzo a quella povera gente. Non sono soldi sottratti a chi organizza i rifugi per gli sfollati, ma a chi li usa per tenerci prigionieri gli ostaggi ebrei.
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