Il fragile dialogo tra Cina e Vaticano
Da Gedda a Pechino: la strada tortuosa della pace
Per molto tempo si era creduto che questo potesse essere il pontificato della definizione dei rapporti tra Pechino e la Chiesa cattolica: ora Francesco ne dà prova

Il lavoro di Papa Francesco per costruire canali di dialogo tra Russia e Ucraina non si ferma. Il pontefice argentino, intervistato dal portale Vida Nueva, l’ha chiamata “offensiva di pace”. Una scelta di parole che rientra perfettamente nello schema voluto da Francesco, e cioè parlare di pace anche quando questo termine appare tanto fumoso quanto irraggiungibile. In questa “offensiva”, il protagonista è il cardinale Matteo Maria Zuppi che – come ha confermato il Santo Padre – dopo Kiev, Mosca e Washington avrà come prossima tappa del suo tour diplomatico Pechino, la capitale di quella Cina legata alla Russia da una complessa “alleanza senza limiti”. È lì, alla corte di Xi Jinping, che Francesco vede una delle chiavi per porre fine alla guerra (l’altra, secondo il pontefice, è negli Stati Uniti). E nel solco di una mai sopita proiezione a Oriente, incastonata nella storia del suo ordine, i gesuiti, il Papa torna a guardare alla Cina dopo che per molto tempo si era creduto che questo potesse essere il pontificato della definizione dei rapporti tra Pechino e la Chiesa cattolica.
Non è detto che il viaggio di Zuppi non serva anche per porre di nuovo le basi per il fragile dialogo tra Cina e Vaticano. Ma al momento il tema all’ordine del giorno per Francesco e per il presidente della Conferenza episcopale italiana è quello della “martoriata Ucraina”. Nell’intervista a Vida Nueva, il Papa ha ricordato l’importanza del dialogo per il destino dei bambini ucraini, elemento centrale di quella diplomazia umanitaria su cui Francesco ha costruito la sua “offensiva di pace”. E a confermare la volontà di non demordere in questa tortuosa strada verso la mediazione, il capo della Chiesa cattolica ha anche annunciato l’intenzione di creare la figura di un rappresentante permanente “che funga da ponte tra le autorità russe e quelle ucraine”. Un’iniziativa anch’essa non facile, ma che potrebbe avere ricevuto il placet di Joe Biden, apparso interessato alle strategie vaticane durante la visita a Washington dell’arcivescovo di Bologna, e che forse potrebbe anche ricevere supporto dal governo cinese. Difficile dire se la mossa di Francesco di creare una figura specifica per il conflitto possa avere dei risultati concreti nell’immediato. Tuttavia può essere un primo segnale del desiderio di portare avanti il percorso di dialogo.
Intanto, mentre l’offensiva di pace del Santo Padre continua imperturbabile, la controffensiva – quella militare – di Kiev continua, insieme all’invasione russa. Ed è proprio per fare il punto su quanto sta accadendo sul fronte ucraino che in Arabia Saudita si riuniscono i rappresentanti di alto livello di diverse potenze, riuniti dal principe ereditario Mohamed bin Salman anche nell’ottica – mai nascosta – di vedere aumentare il peso di Riad sul palcoscenico della diplomazia. L’incontro rappresenta un banco di prova importante poiché arriva in un momento molto complesso tanto della controffensiva di Kiev quanto delle possibili ulteriori operazioni in attacco della Russia. John Kirby, portavoce della Casa Bianca, ha voluto evitare toni eccessivamente positivi riguardo le possibilità che il summit si trasformi in una sorta di piattaforma per un negoziato tra Mosca e Kiev. “Sarà una continuazione delle discussioni che vanno avanti da mesi”, ha detto Kirby riferendosi alle comunicazioni tra Ucraina e alleati del governo di Volodymyr Zelensky, smentendo categoricamente che si tratterà di una tappa verso un “negoziato di pace”.
La questione, va detto, sembrava già esclusa prima della precisazione del funzionario Usa, visto che il mancato invito a Gedda nei confronti della Russia appariva già come un segnale sufficiente sul fatto che non potesse essere la sede di una trattativa. Tuttavia la presenza dell’inviato cinese Li Hui, non presente al summit di Copenaghen, fa credere che Pechino voglia investire sull’incontro saudita. Insieme alla notizia di Zuppi, può essere il segnale di un nuovo tentativo cinese di inserirsi nella partita.
© Riproduzione riservata