Papa Francesco ieri ha rinnovato il suo appello contro la guerra, incappando – suo malgrado – in una polemica. Al termine dell’udienza generale a proposito di “pazzia della guerra” si è riferito, senza fare il nome, a Darya Dugina, uccisa sabato da una bomba collocata nella sua auto. “Penso a tanta crudeltà, a tanti innocenti che stanno pagando la pazzia, la pazzia di tutte le parti, perché la guerra è una pazzia e nessuno in guerra può dire: No, io non sono pazzo. La pazzia della guerra. Penso a quella povera ragazza volata in aria per una bomba che era sotto il sedile della macchina a Mosca. Gli innocenti pagano la guerra, gli innocenti!”.

La frase ha provocato la protesta dell’ambasciata ucraina che non ha gradito l’inserimento di Darya Dugina nel gruppo delle vittime innocenti. Anche se la lettura del testo si potrebbe prestare a questa interpretazione, il video di questo passaggio dell’udienza generale – e le frasi precedenti – collocano la riflessione del Papa in uno scenario più ampio. Prima di tutto la condanna del Papa ha riguardato la guerra, come va facendo in questi sei mesi di conflitto in ogni occasione. Ieri ha chiesto di “scongiurare il rischio di un disastro nucleare”.

Ha avuto parole di preoccupazione per i prigionieri. E poi si è riferito ai bambini: “penso ai bambini, tanti morti, poi tanti rifugiati – qui in Italia ce ne sono tanti – tanti feriti, tanti bambini ucraini e bambini russi che sono diventati orfani e l’orfanità non ha nazionalità, hanno perso il papà o la mamma, siano russi siano ucraini. Penso a tanta crudeltà, a tanti innocenti che stanno pagando la pazzia, la pazzia di tutte le parti, perché la guerra è una pazzia e nessuno in guerra può dire: “No, io non sono pazzo”. La pazzia della guerra”.

A questo punto il testo ufficiale inserisce un punto fermo e nel video Papa Francesco si ferma e prosegue con una nuova frase: “penso a quella povera ragazza volata in aria per una bomba che era sotto il sedile della macchina a Mosca”. Anche qui un punto fermo e una nuova frase, che completa tutto il ragionamento: “gli innocenti pagano la guerra, gli innocenti! Pensiamo a questa realtà e diciamoci l’un l’altro: la guerra è una pazzia. E coloro che guadagnano con la guerra e con il commercio delle armi sono dei delinquenti che ammazzano l’umanità”. Immediata la protesta ucraina, via social media. L’ambasciatore ucraino presso il Vaticano, Andrii Yurash, in un tweet ha rilevato la sua delusione. “Mi ha fatto pensare che non si possono mettere assieme le categorie degli aggrediti con quelle degli aggressori, delle vittime e dei carnefici, degli stupratori e degli stuprati. Come è possibile citare l’ideologa dell’imperialismo russo come vittima innocente? È stata uccisa dai russi come vittima sacrificale e ora è uno scudo di guerra”.

Da notare che Papa Francesco ha continuato il suo ragionamento contro la guerra allargando la visuale ad alcuni degli altri conflitti che corrono il rischio di venire dimenticati. “E noi pensiamo ad altri Paesi che sono in guerra da tempo: più di 10 anni la Siria, pensiamo la guerra nello Yemen, dove tanti bambini patiscono la fame, pensiamo ai Rohingya che girano il mondo per l’ingiustizia di essere cacciati dalla loro terra. Ma oggi in modo speciale, a sei mesi dall’inizio della guerra, pensiamo all’Ucraina e alla Russia, ambedue i Paesi ho consacrato all’Immacolato Cuore di Maria, che Lei, come Madre, volga lo sguardo su questi due Paesi amati: veda l’Ucraina, veda la Russia e ci porti la pace! Abbiamo bisogno di pace!”.

Una lettura integrale dell’appello del Papa fa vedere che la linea scelta da Francesco è sempre e comunque contro la guerra e di misericordia, compassione e denuncia delle vittime, senza attribuire loro coloriture o schieramenti. Del resto tre giorni fa, nel messaggio al Meeting di Rimini, il cardinale Pietro Parolin, segretario di stato, a nome del Papa faceva notare come “nello scontro di tutti contro tutti, dove gli egoismi e gli interessi di parte sembrano dettare l’agenda nella vita dei singoli e delle nazioni, come è possibile guardare chi ci sta accanto come un bene da rispettare, custodire e curare? Come è possibile colmare la distanza che separa gli uni dagli altri? La pandemia e la guerra sembrano avere allargato il fossato, facendo arretrare il cammino verso un’umanità più unita e solidale”.

La risposta è nella parabola evangelica del Samaritano, cioè nel chinarsi e prendersi cura dell’altro, senza aggettivi: “indica che la nostra esistenza è intimamente connessa a quella degli altri e che il rapporto con l’altro è condizione per diventare pienamente noi stessi e portare frutto”. E dunque “un abbraccio che abbatte i muri e va incontro all’altro nella consapevolezza di quanto vale ogni singola concreta persona, in qualunque situazione si trovi. Un amore all’altro per quello che è: creatura di Dio, fatta a sua immagine e somiglianza, dunque dotata di una dignità intangibile, di cui nessuno può disporre o, peggio, abusare”.

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Giornalista e saggista specializzato su temi etici, politici, religiosi, vive e lavora a Roma. Ha pubblicato, tra l’altro, Geopolitica della Chiesa cattolica (Laterza 2006), Ratzinger per non credenti (Laterza 2007), Preti sul lettino (Giunti, 2010), 7 Regole per una parrocchia felice (Edb 2016).