Un primo passo falso nella nuova era dell’OTCA, l’Organizzazione del Trattato di Cooperazione Amazzonica verso l’obiettivo della ‘deforestazione zero’, che da due giorni sta vedendo un tentativo di rinascita nel vertice di Belém, nello Stato brasiliano di Parà al fine di garantire la sopravvivenza della foresta pluviale, il polmone verde del nostro Pianeta.

Per Brasile, Bolivia, Colombia, Ecuador, Guyana, Perù, Suriname e Venezuela, il meeting dell’8 e 9 agosto doveva essere il punto di svolta, un’occasione per i Paesi sudamericani che ospitano la foresta di riunirsi per tracciare un percorso comune per la protezione della bioregione e per affrontare la criminalità organizzata, sfruttando un evento che in 45 anni è avvenuto appena tre volte (l’ultima nel lontano 2009), ma così non è stato.

Il prodotto della due giorni di vertice è appena una lunga ed articolata dichiarazione, di 113 punti, per promuovere lo sviluppo sostenibile di una regione strategica che ospita circa il 10% della biodiversità mondiale, ma che non riuscirà a stabilire un obiettivo comune per porre fine alla deforestazione zero entro il 2030.

Nel documento, i Paesi amazzonici sottolineano solo l’urgenza di concordare obiettivi comuni in vista dell’anno di riferimento per difendere la foresta e fermare l’avanzata dell’estrazione illegale di risorse naturali, senza però fissare misure concrete.

Una nuova agenda ma senza risvolti, una ‘road-map’ che resta vaga specie in merito alle misure per la gestione delle risorse idriche, la sicurezza, la salute, le infrastrutture sostenibili e la promozione dei diritti umani delle popolazioni indigene.

Arrivare alla deforestazione zero dopo averne ridotto del 42 percento l’entità in appena sette mesi rispetto ai livelli precedenti e ai 34 mila chilometri quadrati rasi al suolo da Bolosonaro, resta un obiettivo di Lula, che ha lasciato il vertice senza rilasciare dichiarazioni, in quella che i media brasiliani hanno definito come una sconfitta per il Paese.

Redazione

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