Dopo un anno e sette mesi di detenzione preventiva, Patrick Zaki andrà a processo. La prima udienza per lo studente egiziano dell’Università di Bologna, arrestato il 7 febbraio 2020 e recluso nel carcere di Tora, si terrà oggi 14 settembre.

A confermarlo è stato Riccardo Noury, portavoce in Italia di Amnesty International, organizzazione che sin dall’arresto sta seguendo la vicenda dello studente 30enne, che ha festeggiato il compleanno in carcere lo scorso 16 giugno.

A Patrick viene contestato dai magistrati egiziani “uno scritto del 2019 in difesa della minoranza copta”. Il processo si svolgerà a Mansoura, città di origine della famiglia Zaki, dove inizialmente lo studente dell’Università di Bologna era stato portato subito dopo l’arresto del febbraio 2020, brevemente detenuto lì prima del trasferimento nel carcere di Tora, periferia del Cairo, dove sono rinchiusi i più famosi prigionieri politici egiziani.

Una mossa che Amnesty “si aspettava”. “C’era stata – un’accelerazione nelle ultime settimane. È evidente che la procura egiziana, con l’approssimarsi della scadenza dei 24 mesi di detenzione preventiva, da quell’enorme castello di prove segrete, mai messe a disposizione della difesa, avrebbe tirato fuori una cosa per giustificare l’inizio di un processo – spiega Riccardo Noury – È uno scritto di Patrick del 2019 in cui prende le difese della minoranza copta, perseguitata in Egitto. L’udienza, la prima, si svolge il 14 settembre e non sappiamo quante altre ce ne saranno. Per quel tipo di imputazione Patrick rischia, secondo le prime notizie, una multa o anche cinque anni o entrambe o l’assoluzione, che è quello che vorremmo sperare”.

Amnesty ricorda quindi che già nelle scorse settimane aveva avvisato il Governo italiano “che poteva esserci uno sviluppo accelerato. Ora ogni minuto che passa in cui da parte dell’Italia non si fa nulla è un minuto che viene perso drammaticamente e colpevolmente”.

IL PROCESSO – Quella di domani sarà una udienza chiave per Zaki e per il suo avvocato, Hoda Nasrallah: finalmente infatti potranno vedere i documenti che hanno portato all’arresto dello studente e che non hanno mai permesso alla sua difesa di ottenere la scarcerazione.

Patrick ha sempre negato di essere l’autore di quei post su Facebook che hanno portato al suo arresto, una tesi sempre confermata nelle udienze per il rinnovo della detenzione preventiva che sono finite però sempre col rinnovo del provvedimento. Secondo la legge egiziana una persona può essere tenuta in detenzione preventiva per un periodo massimo di due anni, ma con un ‘trucco’ da sempre condannato dalle organizzazioni per la difesa dei diritti umani: all’avvicinarsi della scadenza dei 24 mesi in caso di modifica dei capi di accusa viene annullato il calcolo dei tempi, facendo ripartire la ‘conta’ da zero.

 

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Napoletano, classe 1987, laureato in Lettere: vive di politica e basket.