«Desidero formulare le mie congratulazioni a Pietro Curzio per la sua nomina a primo presidente. Dalla relazione e dagli interventi svolti è emerso il suo eccellente profilo professionale, lo spessore e la varietà delle sue esperienze giudiziarie». E poi: «Con la sua attività di studio ha contribuito al dibattito dottrinario e offerto il suo apporto all’attività formativa del Csm». «Certamente – prosegue – il presidente Curzio saprà svolgere l’impegnativo incarico con consapevolezza e lungimiranza, contribuendo a promuovere quel rinnovamento nel governo autonomo di cui vi è necessità da tutti avvertita». Queste parole di lode e di vivo compiacimento erano state pronunciate a luglio del 2020 dal presidente della Repubblica Sergio Mattarella, direttamente dal Palazzo del Quirinale, subito dopo il voto all’unanimità da parte del Plenum a favore di Curzio.

A più di due anni di distanza, i giudici amministrativi non sono però stati dello stesso avviso di Mattarella, bocciando clamorosamente la nomina di Curzio a primo presidente della Corte di Cassazione. Il Csm, l’organo di autogoverno delle toghe autorevolmente presieduto dal capo dello Stato, non finisce dunque di stupire. Dopo aver nominato Michele Prestipino, un magistrato senza titoli, a capo della Procura di Roma, l’ufficio giudiziario più importante del Paese, ecco arrivare il bis con le nomine del primo presidente della Corte di Cassazione e della sua vice. Errare è umano, perseverare è diabolico si potrebbe dire. L’assenza di titoli da parte di Curzio e di Margherita Cassano è stata certificata dal Consiglio di Stato che ha accolto il ricorso di Angelo Spirito, presidente della terza sezione della Cassazione. Nella sentenza depositata ieri i giudici di Palazzo Spada hanno bacchettato duramente il Csm per non aver valorizzato all’atto della scelta del nuovo primo presidente della Cassazione il cv di Spirito. Palazzo dei Marescialli, in pratica, avrebbe effettuato una comparazione “erronea”.

Spirito, oltre ad essere stato in Cassazione il doppio degli anni di Curzio, era stata autore di una produzione di sentenze nettamente superiore: 172 a 103. Aveva fatto parte dell’ufficio spoglio ed era stato referente della formazione decentrata e automatizzazione servizi di cancelleria. Componente di numerose commissioni di concorso, aveva svolto un grande ruolo nel settore penale. Tutte attività sparite dal giudizio comparativo del Csm. La gestione di Curzio in Cassazione, poi, non sarebbe stata il massimo dell’efficienza. Con lui a capo della sesta sezione tutti gli indici, ad iniziare dai tempi di definizione delle cause, sarebbero peggiorati drammaticamente. La sentenza che decapita i vertici di piazza Cavour arriva alla vigilia della solenne cerimonia di inaugurazione dell’Anno giudiziario, prevista per venerdì prossimo, alla presenza della massime cariche del Paese. Un appuntamento molto atteso proprio per la relazione sullo stato della giustizia che dovrà tenere Curzio. Dopo la sua relazione seguirà quella del pg Giovanni Salvi, recentemente balzato agli onori delle cronache per non trovare più il cellulare con cui aveva mandato messaggi al procuratore di Milano Francesco Greco circa la conduzione delle indagini sulla loggia Ungheria.

Per cercare di salvare la faccia ed evitare che l’Anno giudiziario sia inaugurato da un presidente abusivo, pare che la Commissione per gli incarichi direttivi del Csm abbia intenzione di riunirsi già lunedì per rinominare Curzio e la sua vice. Il blitz verrebbe poi ratificato mercoledì in Plenum dopo che la ministra Marta Cartabia ha dato il suo via libera. Il Csm non può permettersi di mollare Curzio al proprio destino in quanto il primo presidente ne è componente di diritto. Sarebbe il settimo togato ad abbandonare il Plenum. Stesso discorso per la sua vice che presiede le sezioni unite e cura i ricorsi dei magistrati sanzionati dalla disciplinare del Csm.

«Non si è mai vista una situazione del genere», hanno commentato i magistrati sulle chat, molti rimpiangendo Luca Palamara. Il Csm rinnovato post hotel Champagne sta producendo solo nomine illegittime. A chi verrà dopo Mattarella, che non volle mandare tutti a casa quando scoppiò lo scandalo del Palamaragate avallando di fatto il ribaltone con il cambio di maggioranza, il compito di mettere a posto i cocci. Non sarà facile. Ma dopo quello che è successo ieri pare alquanto difficile fare peggio.