Che Luca Palamara fosse “attenzionato” era ormai un fatto notorio alla Procura di Roma fin dall’inizio del 2018. Il classico “segreto di Pulcinella”. Lo conferma Stefano Fava, già pm a Roma e ora giudice a Tivoli, nell’interrogatorio davanti ai pm di Perugia Gemma Miliani e Mario Formisano, titolari del fascicolo a carico dell’ex presidente dell’Associazione nazionale magistrati per il reato di corruzione. «Vengo a sapere del coinvolgimento di Palamara nell’indagine nei mesi di gennaio/febbraio del 2018», esordisce Fava, all’epoca assegnatario dell’indagine che riguardava Fabrizio Centofanti, l’imprenditore ed ex portavoce dell’Esercito italiano in Kossovo, che secondo l’accusa sarebbe stato il corruttore del ras delle nomine al Csm.

La fonte di Fava è Paolo Ielo, procuratore aggiunto a Roma e capo del dipartimento reati contro la Pubblica amministrazione di cui Fava faceva parte. L’indagine riguarderebbe alcune utilità (viaggi e soggiorni alberghieri, ndr) che Centofanti avrebbe corrisposto nel tempo a Palamara. Fava riferisce allora a Ielo che si dovrà astenere. Essendo Palamara in quel momento consigliere del Csm, la competenza è radicata presso la Procura di Roma. Ielo all’osservazione di Fava risponde che “siamo tutti nella stessa barca” in quanto Palamara era conosciuto a Roma, soprattutto dal procuratore Giuseppe Pignatone. Ielo però rassicura Fava dicendo che la prima di queste utilità è del 2011 e quindi la competenza sarà della Procura di Perugia: in quell’anno infatti Palamara non era ancora stato eletto al Csm ma era uno dei sostituti a piazzale Clodio.

A maggio Ielo comunica a Fava che All’informativa è stata trasmessa a Perugia. «L’informativa che è stata depositata dalla guardia di finanza sui rapporti fra Palamara e Centofanti l’abbiamo mandata a Perugia», afferma Ielo. La nota è stata firmata dai tre aggiunti della Capitale. Oltre a Ielo, anche da Giuseppe Cascini e Rodolfo Sabelli. Cascini qualche settimana più tardi sarà eletto consigliere del Csm in uno dei quattro posti che spettano ai pm a Palazzo dei Marescialli. Qui capita la prima “anomalia”. L’informativa a differenza di casi analoghi non viene scansionata e quindi Fava non può leggerla. Non risulta agli atti del procedimento aperto nei confronti di Centofanti e non è inserita al Tiap (Trattamento informatico atti processuali, un applicativo sviluppato dal Ministero della giustizia con la scannerizzazione degli atti che i pm possono consultare, ndr). Le modalità di comunicazione degli atti tra i magistrati contitolari del procedimento era il deposito che la pg, in questo caso la guardia di finanza, effettuava nella segreteria di Ielo, precisa Fava.

La segreteria di Ielo poi inseriva il tutto al Tiap. Questa volta non avviene. Fava tiene a precisare che comunque la cosa non gli interessava e di non aver chiesto a nessuno cosa effettivamente contenesse il fascicolo. A settembre del 2018 il Fatto Quotidiano dà la notizia dell’indagine a carico di Palamara, raccontando dell’esistenza di un procedimento a Perugia. Fava conosce Palamara dalla metà degli anni 90. Nati in paesi molto vicini della provincia di Reggio Calabria, si conobbero quando erano giovani magistrati ed entrambi prestavano servizio in Calabria. Palamara afferma di aver elementi per confutare quanto emerso nell’articolo. E, prosegue Fava, entra nel merito di quanto contenuto nel fascicolo, e cioè le utilità ricevute che sarebbero consistite, appunto, nei soggiorni alberghieri e nei viaggi.

Il discorso sul punto con Fava risulta molto difficile in quanto quest’ultimo, come detto, ignora il contenuto del fascicolo a differenza di Palamara. Da pm esperto Fava, trattandosi di utilità, dice però a Palamara che gli investigatori verosimilmente avranno fatto degli accertamenti acquisendo le schede alberghiere e l’analisi dei movimenti delle carte di credito dell’ipotetico corruttore. Fava non entra nei dettagli non sapendo se si tratta di una indagine sui bonifici o sulle carte di credito. Ma come fa invece Palamara a sapere tutte queste cose? Fava dice che erano i colleghi ad informare Palamara di cosa stava accadendo. Interrogato dal pm, Fava mette a verbale parole esplosive. «A me (cioè Palamara, ndr.) ha fatto i nomi di Ardituro, ha fatto il nome di Sabelli, ha fatto il nome di Pignatone come persone che con lui avevano avuto interlocuzioni su quest’indagine».

Parliamo cioè dell’allora procuratore di Roma, dell’aggiunto Rodolfo Sabelli e di Antonello Ardituro, collega di Palamara al Csm dal 2014 al 2018 e ora pm a Napoli. Non deve essere stato facile per Palamara: tutti tranne lui sapevano esattamente cosa stava accadendo.
A dire il vero nelle indagini penali, come per il marito tradito dalla moglie, il diretto interessato è sempre l’ultimo a saperlo. Certamente è sorprendente, se fosse vero, che un procuratore comunichi a un proprio sostituto, al momento all’oscuro di tutto, che a suo carico si stanno facendo accertamenti. Ed ancora più sorprendente che questa informazione sia arrivata anche in altri uffici giudiziari, come il caso di Ardituro a Napoli. Da quanto risulta, Pignatone, Sabelli e Ardituro non sono mai stati sentiti dai pm di Perugia su questa circostanza.

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