È un’offensiva a tutto campo quella lanciata ieri dalle toghe di sinistra di Magistratura democratica. Diversi gli obiettivi: Amedeo Franco, il giudice “reo” di aver detto in un colloquio che il processo sui diritti televisivi fu “un plotone d’esecuzione” e che la sentenza era “schifosa”; Cosimo Ferri, il leader di Magistratura indipendente, la corrente di destra da sempre invisa a Md; Luca Palamara, l’ex presidente dell’Anm che con le sue chat ha svelato il sistema delle nomine, a cui partecipavano tutte le correnti della magistratura (anche Md), al Csm. Una vicenda dai «profili torbidi ed inquietanti», esordisce il comunicato delle toghe di sinistra diffuso ieri pomeriggio.

«La registrazione, della quale è ignoto il contesto e non è stata appurata la genuinità e l’integralità, viene divulgata a molti anni di distanza, dopo la morte del giudice Franco, in un contesto che appare favorevole ad accreditare qualsiasi ignominia per screditare e delegittimare i magistrati e la giurisdizione». «Questo clima è oggettivamente determinato dalla vicenda Ferri/Palamara, disvelata a maggio dello scorso anno, e dalle successive propagazioni delle chat telefoniche di uno dei due protagonisti, effettuata in modo strumentale da una parte della stampa compiacente (verosimilmente i giornali che stanno pubblicando le chat di Palamara, ndr) con i due protagonisti principali della vicenda”.

«C’è chi in questo momento per salvare se stesso è disposto a far pagare un prezzo altissimo alla magistratura e al Paese: la posta in gioco non è una tardiva, quanto improbabile dimostrazione di un complotto ordito dalla magistratura ai danni di Berlusconi; non è l’impossibile occultamento delle responsabilità dei protagonisti dello scandalo di maggio 2019, né l’obliterazione delle oggettive responsabilità delle correnti e delle persone coinvolte che non vogliono abbandonare certe pratiche di potere e clientelari. La posta in gioco è l’autonomia e l’indipendenza della magistratura». Un classico. Ma non solo: «La posta in gioco è anche la credibilità e l’onore del corpo sano della magistratura, che è fatto della stragrande maggioranza dei magistrati, che rifiutano e hanno sempre rifiutato logiche e pratiche clientelari e che sono i primi danneggiati da esse e da coloro che le hanno messe in atto».

«È necessario in questo momento che le responsabilità specifiche per i fatti emersi vengano affermate con ponderazione, rigore e fermezza e che, nel contempo venga difesa gelosamente la credibilità della magistratura e della giurisdizione che è rimasta estranea a tali deviazioni e che deve poter proseguire a svolgere le proprie funzioni in un contesto di serenità e fiducia», concludono le toghe di sinistra.

Parole durissime che arrivano alla vigilia del disciplinare nei confronti di Ferri e Palamara, il cui inizio è fissato per il 21 luglio. Immediata la replica dei difensori di Palamara gli avvocati Roberto Rampioni e Benedetto Marzocchi Buratti, e il consigliere di Cassazione Stefano Giaime Guizzi: «In uno Stato di diritto si chiede al giudice di “accertare” e non “affermare” le responsabilità solo ipotizzate a carico degli incolpati. Il processo è sede di giudizio, non fabbrica di colpevoli, stupisce che dei magistrati lo dimentichino».