Deglobalizzazione. Svolta. Nuova divisione del mondo in blocchi. Disintegrazione delle catene di approvvigionamento. Dopo l’invasione russa dell’Ucraina, dopo le sanzioni contro la Russia, che hanno espulso quel paese dai circuiti finanziari e commerciali globali, dopo la crisi energetica aggravata dalla reazione della Russia alle sanzioni, la Terra è apparsa, improvvisamente, molto più divisa di quanto prima si potesse immaginare. La parola d’ordine è diventata, quindi, “autosufficienza”: militare, produttiva, alimentare, energetica, etc.

Si tratta, evidentemente, di una autosufficienza da declinare in modo diverso, a seconda della dimensione dei Paesi. Così, gli Stati Uniti possono pensare ad una autosufficienza fondata esclusivamente sul loro Paese e, al più, anche sul Canada. I Paesi europei non possono, a loro volta, non fare riferimento all’Unione Europea nel suo complesso, essendo ciascuno di essi troppo piccolo per poter raggiungere una autosufficienza, che non si traduca in un drastico abbassamento del livello di vita della propria popolazione. È questo, del resto, l’attuale problema dell’Inghilterra, che non è pienamente integrata in nessuno dei macrosistemi economici esistenti e non ha la dimensione per essere realmente autonoma.

Bisogna, tuttavia, chiedersi: si tratta solo di uno dei dossi della storia, capaci di rallentarne il corso e non di mutarne la direzione, o di un vero, irreversibile, ritorno al passato? In altri termini, è davvero in atto una deglobalizzazione o è solo un mero assestamento dei processi innescati dalla globalizzazione? Vi è un aspetto, che è ampiamente sottovalutato da coloro che affermano si sia in presenza di una svolta radicale e di un ritorno al passato. La globalizzazione, prima ancora della dimensione finanziaria e commerciale, ha una dimensione culturale, strettamente connessa agli strumenti di comunicazione. L’incredibile sviluppo, che i mezzi di comunicazione hanno avuto negli ultimi decenni, ha cambiato per sempre la storia dell’umanità, determinando il cammino verso una convergenza valoriale nei vari Paesi del mondo sempre più marcata e del tutto inimmaginabile sino a qualche decennio fa. I segnali sono tanti ed assolutamente inequivocabili.

Basta considerare quello che sta accadendo in Iran con le ragazze, che scendono in piazza e si tagliano per protesta i capelli, e con molti ragazzi del loro Paese, che le affiancano. Il tema dei diritti individuali è, ormai, presente ovunque. In alcuni Paesi è oscurato e non è oggetto di dibattito pubblico, ma questo non significa che sia assente dalla società. Anzi, è pronto ad esplodere in qualsiasi momento. Del resto, quanto, oggi, sia pressoché impossibile impedire la comunicazione è testimoniato dalle ripetute manifestazioni di piazza in Russia, nonostante la repressione. Se è vero che in quel Paese non vi è libertà di informazione e che la propaganda di regime sta cercando con ogni mezzo di nascondere ai cittadini la realtà della guerra in corso, è anche vero che attraverso i social, ma pure solo con i filmati che vengono trasmessi attraverso i messaggi individuali, la realtà sta cominciando a farsi strada nella società e a insidiare il regime.

Il fatto è che il web, e cioè la ragnatela e mai nome è stato più appropriato, ormai avvolge irrimediabilmente l’intera Terra. Per di più, con il progresso tecnologico la possibilità per i singoli Paesi di impedire l’accesso ad internet ai propri cittadini, attraverso il controllo delle infrastrutture di terra, si sta riducendo sempre di più. Elon Musk, attraverso la sua rete di satelliti, è stato in grado di offrire internet agli ucraini, nonostante le infrastrutture di terra fossero state spazzate via dagli aggressori russi e, certamente, contro il volere di questi ultimi. Si aggiunga che, ancora con riferimento alla comunicazione, la radio è divenuto uno strumento di informazione che non ha più confini. È ormai possibile acquistare, con pochi soldi, apparecchi in grado di ricevere le trasmissioni di qualsiasi parte del mondo. Non si spiega altrimenti la circostanza che il regime russo non sia stato in condizione né di evitare le manifestazioni pubbliche contro la guerra, né di sigillare i propri confini per evitare la fuga palese, con file di chilometri di cittadini ai confini, per sottrarsi alla leva obbligatoria.

Se si tiene conto di tutto questo, diventa inevitabile osservare che quel processo di diffusione di valori comuni, concernenti soprattutto i diritti individuali, e che costituisce la spina dorsale del processo di globalizzazione, non si è mai interrotto. Le merci hanno cessato di circolare con la medesima libertà di prima, ma non le idee. Il che riguarda soprattutto i giovani, nella cui formazione culturale la prospettiva di un villaggio globale ha uno spazio sempre maggiore, la cui crescita non ha avuto alcuna battuta di arresto. Parlare, di fronte a questo fenomeno, di deglobalizzazione irreversibile appare allora un non senso. Quella parte della globalizzazione, che si sostanzia nella libera circolazione dei capitali e delle merci, ha certamente subito una battuta di arresto, la quale indica che si tratta di materie, che richiedono un significativo sforzo di riorganizzazione.

Quando questo sarà compiuto, la globalizzazione sarà diversa da come sinora è stata conosciuta, forse addirittura più forte, ma certamente non verrà meno. Viceversa, quella parte della globalizzazione, che sta portando sempre più uomini a riconoscersi come simili, nonostante ogni differenza di razza, di orientamento sessuale, di credo, non ha mai, neppure in questi tempi difficili, interrotto il suo cammino. Certamente è ancora lontana dall’essere giunta a compimento, ma ha comunque già acquistato una forza tale da essere condizionante di tutti i futuri sviluppi dell’umanità. È per questo motivo che quanto sta accadendo deve essere visto solo come un dosso, superato il quale è prevedibile che anche la circolazione delle merci e dei capitali riprenderà nuovo vigore, in un contesto probabilmente divenuto più solido ed efficiente.

Se questa analisi è corretta, il timore di una deglobalizzazione in corso non può e non deve distogliere dal dedicare energie a risolvere uno dei problemi più evidenti portati dalla globalizzazione: l’accentuarsi delle diseguaglianze. Si può dire, con un gioco di parole, che la globalizzazione sta portando nel mondo un… eguale livello di diseguaglianze. Nella stessa Africa, mentre è ancora in corso il superamento dei problemi che hanno caratterizzato il post colonialismo, già si assiste alla formazione, nella società, di fortune colossali, che si contrappongono a sacche di povertà indicibile.

Questa circostanza consente di cogliere una imprevedibile contraddizione. Chi, ai primi del Novecento, ha iniziato a combattere contro le diseguaglianze, collocava la sua ideologia in una prospettiva chiaramente internazionale. La globalizzazione, per uno strano scherzo della storia, proprio mentre determinava il formarsi di diseguaglianze analoghe nei vari Paesi ha stranamente spinto la lotta sociale a perdere la sua prospettiva internazionale e a chiudersi nei recinti nazionali.