Putin ha perso i superpoteri di garante della stabilità. L’opinione pubblica che conta, quella dei ceti più ricchi vicini al presidente, è a sua volta sostenuta da una rete di blogger militari che costituiscono la forma più aperta di espressione: tutti a favore della guerra, ma molto critici su come la guerra sta andando. Quelli gestiti da ex militari, pur facendo il tifo per l’armata russa, hanno registrato e criticato tutto ciò della guerra in Ucraina che non andava: comandanti incapaci, ufficiali corrotti, adolescenti mandati nel tritacarne senza armi né addestramento adeguati, morale bassissimo da cui sono derivate tutte le sconfitte prima che in campo non scendesse Prigozhin.

Questo ex compagnone di Putin, mai militare in vita sua, con i suoi mercenari Wagner è stato l’unico ad avere vinto battaglie con gli ucraini, l’ultima a Bakhmut che adesso è tornata in mano ucraina. I blogger patriottici e militari sono molto ben collegati con il primo girone degli oligarchi di Putin, sono tutti quelli tutti quelli che, tra venerdì sera e sabato mattina sono saltati sui loro jet per fuggire a Tel Aviv o Ankara per potersi poi imbarcare per qualche luogo sicuro. La rete dei blogger ne ha tratto una conclusione logica: se la prima linea dei beneficiati da Putin, scappa quando ci sarebbe bisogno se non di combattere, almeno di essere visibili, questo vuol dire che fiutano il naufragio e che sono codardi.

Quindi, alla domanda se Vladimir Putin esca da questa ribellione armata più solido o più fragile, la risposta non dei suoi nemici ma dei suoi sostenitori è che Putin si è indebolito. E il popolo degli ex militari patriottici con libertà di esprimere la loro opinione si dichiara sbalordito dalle assenze, poi recuperate: per quasi ventiquattro ore Putin è sparito per riapparire in video senza certificazione di data e di ora. Altrettanto hanno fatto il ministro della Difesa Shoigu e il comandante Gerasimov. Sembrava sparito anche Prigozhin, il nemico pubblico numero uno che non si è capito, se sia il vincitore e lo sconfitto, riapparso al piano bar di un hotel di Minsk.

La comunità militare e patriottica è talmente interdetta che alcuni arrivano a mettere in discussione l’idoneità di Vladimir Putin a presentarsi l’anno prossimo alle elezioni come candidato unico del suo stesso partito. Putin ha intuito subito quanto rischiasse quando è cominciata la ribellione e adesso tutti sanno che è stato lui a implorare il suo suddito bielorusso Lukashenko, vecchio compare di Prigozhin, di fare qualsiasi cosa pur di fermare il ribelle offrendogli l’impunità. E questo i patrioti non lo capiscono e non lo perdonano.

È stato diffuso il testo della prima telefonata che Lukashenko ha fatto a Prigozhin, durante la quale i due ex compagnoni si sono riconosciuti in un turpiloquio “che loro mamme si sarebbero messe a piangere” in clima cameratesco da vecchi lestofanti. E hanno fatto l’accordo sul quale lo zar di Mosca aveva appeso tutte le sue speranze. E quando Prigozhin ha annunciato pubblicamente, ai russi e al mondo la sua ritirata e la rinuncia ad occupare Mosca, l’agenzia bielorussa “Bela” ha fatto sapere che Putin si è precipitato a ringraziare il dittatore di Minsk sulle cui terre Putin ha appena dislocato armi atomiche con cui minacciare la catastrofe nucleare.

Infine, ciò che politicamente Prigozhin ha detto e che imbarazza il circolo di Putin: ha pubblicato sul suo canale Telegram quelle che lui ritiene essere le prove della totale illegittimità dell’invasione dell’Ucraina. Pure invenzioni, ha scritto Prigozhin: non c’era alcun timore per il Donbass, non esisteva un pericolo neonazista a Mariupol, né una rivolta repressa nelle repubbliche autoproclamate. Tutto era stato inventato secondo Prigozhin, per fare dell’Ucraina il terreno di un “racket” mafioso a profitto degli uomini del Cremlino, gli stessi che se la sono data a gambe alle prime notizie dell’arrivo del castigamatti, che poi è stato fermato e convinto a ritirarsi, non sappiamo ancora come.

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Giornalista e politico è stato vicedirettore de Il Giornale. Membro della Fondazione Italia Usa è stato senatore nella XIV e XV legislatura per Forza Italia e deputato nella XVI per Il Popolo della Libertà.