“La strumentalità della condotta che ha dato corso alle patologie oggi presenti è assolutamente certa al pari della motivazione che ha indotto la forma di protesta” scrivono i giudici del Tribunale di Sorveglianza di Milano rigettando la richiesta di Alfredo Cospito in sciopero della fame dal 20 ottobre scorso di ottenere il differimento della pena e gli arresti domiciliari a casa di una sorella. Cospito resta al 41 bis. Le sue precarie condizioni di salute è il ragionamento del collegio presieduto da Giovanna Di Rosa sono il frutto di una deliberata e consapevole scelta sulla quale permane un discreto compenso cardio-circolatorio. Attraverso il ricovero in ospedale si permette il più attento monitoraggio clinico concepibile.

L’avvocato difensore Flavio Rossi Albertini dice che ricorrerà in Cassazione contro le decisioni assunte dai giudici di Milano e dai colleghi di Sassari, dove Cospito era stato detenuto in precedenza. Ma i tempi di queste impugnazioni sembrano incompatibili con le condizioni di salute dell’anarchico in continuo peggioramento considerando che rifiuta qualsiasi ipotesi di alimentarsi al di là di acqua, sale, zucchero e qualche multivitaminico. Che l’istanza sarebbe stata rigettata era stato chiaro già durante l’udienza di venerdì scorso, quando il giudice Di Rosa invitava Cospito a interrompere il digiugno. Si trattava di un messaggio sin troppo esplicito per dire che altre strade davanti a sé il detenuto non avrebbe avuto. Va ricordato che il giudice sta lì per prendere una decisione non per lanciare messaggi.

Poi il legale aggiunge: “Non confidavamo in alcun modo in questa iniziativa, rappresentava un passaggio obbligato per adire, anche sotto questo profilo, le giurisdizioni internazionali. Il caso Cospito è paradigmatico sotto molti profili dello stato di civiltà giuridica del nostro paese, chissà cosa ne direbbe Voltaire se fosse ancora vivo”. I giudici nella motivazione scrivono che Alfredo Cospito è costantemente informato dai sanitari degli elevati rischi per la propria salute ai quali si espone nel proseguire lo sciopero della fame e reiteratemente i medici gli propongono un protocollo di rialimentazione, dopo il digiuno prolungato, che però viene rifiutato coscientemente. Cospito anche in udienza aveva ribadito che quella con l’applicazione dell’articolo 41bis è una sorta di non vita, che non basta mangiare per vivere se non si può leggere quello che si vuole, se non si possono scrivere articoli per giornali della sua area politica.

Per i giudici la condizione di sofferenza autoprodotta dal condannato preclude la scarcerazione per motivi di salute. Va ricordato che in questa vicenda organi accusatori della magistratura come la direzione nazionale antiterrorismo, la direzione distrettuale di Torino e persino una relazione informativa del Ros dei carabinieri avevano prospettato la sostituzione del 41bis con la detenzione in alta sicurezza. Il tutto per superare il muro contro muro. Insomma era stata la magistratura a esercitare una funzione di mediazione contrariamente a quanto accade di solito. Ma la politica non ha voluto sentire ragioni. E le decisioni assunte ieri, considerando la giurisprudenza consolidata in caso di sciopero della fame, erano e sono addirittura scontate.