I reati si prescrivono e non si arriva a sentenza? La ‘colpa’ è degli avvocati per l'ex pm di Mani Pulite
Piercamillo il condannato in audizione alla Camera: Davigo spiega il suo verbo su prescrizione e legge Bonafede
I reati si prescrivono e non si arriva a sentenza? La ‘colpa’ è degli avvocati. A dirlo è Piercamillo Davigo, ex pm di Mani pulite ed idolo dei giustizialisti in servizio permanente effettivo. Davigo, fresco di condanna ad un anno e tre mesi di prigione per aver rivelato i verbali degli interrogatori dell’avvocato esterno dell’Eni Piero Amara sulla loggia Ungheria, è intervenuto ieri in audizione alla Camera sulla riforma della prescrizione. La sua audizione era stata sollecitata dal M5s, per nulla in imbarazzo della condanna riportata da Davigo questo mese dal tribunale di Brescia. “Non stiamo parlando di una candidatura a una carica elettiva o di una nomina a un incarico pubblico: qui si sta chiedendo un contributo tecnico ad una persona che per decenni ha svolto incarichi di primo piano nella magistratura e per questo ha accumulato grande conoscenza della materia, dimostrando sempre notevole preparazione e non comune rigore nelle argomentazioni”, ha replicato al Dubbio, mostrando un inaspettato garantismo, Valentina d’Orso, capogruppo pentastellata in Commissione giustizia a Montecitorio.
Alla Camera, prima ancora che Carlo Nordio presentasse all’inizio del mese la sua riforma della giustizia, sono incardinate tre diverse proposte di legge, a firma Enrico Costa (Azione), Pietro Pittalis (FI) e Ciro Maschio (FdI), che puntano a modificare le attuali norme sulla prescrizione, tornando al meccanismo antecedente a quello voluto dall’allora Guardasigilli Alfonso Bonafede e successivamente modificato da Marta Cartabia. L’ex presidente della Consulta, nella scorsa legislatura, aveva introdotto l’improcedibilità, uno strumento di tipo processuale che trascorsi due anni senza la pronuncia dell’appello determina la fine del procedimento.
Il problema della prescrizione, per Davigo, sarebbe dovuto al numero, a suo dire eccessivo, degli avvocati italiani che avrebbero tutto l’interesse a tirare in lungo le cause. “Gli avvocati in Italia abilitati al patrocinio in Cassazione sono 52mila”, ha ricordato l’ex pm. Essendo ’tanti’, per Davigo, presenterebbero appelli anche se non ci sono presupposti, in tal modo dilatando i tempi di definizione dei processi per raggiungere la tanta agognata prescrizione.
La ricostruzione di Davigo è stata immediatamente smontata da Costa, responsabile giustizia di Azione. Costa, infatti, tabelle ministeriali alla mano, ha evidenziato come la maggior parte delle prescrizioni avvenga oggi durante la fase delle indagini preliminari, quando l’avvocato non “tocca palla” essendo il pm dominus assoluto ed il procedimento coperto dal segreto. Quando il procedimento supera questa fase ha già consumato molto tempo.
Nessuna riforma, va ricordato, è riuscita ad intervenire in maniera efficace sui tempi delle indagini preliminari, prevedendo, ad esempio, sanzioni per i pm che per inerzia o altro lasciano i fascicoli in ‘sonno’. Il problema è molto serio come è stato ricordato dagli avvocati penalisti. La prescrizione, infatti, è una norma di diritto sostanziale e trova il suo fondamento nella Costituzione. Se la pena ha una funzione “riabilitativa”, che senso può avere farla espiare a distanza di tanti anni dal fatto commesso? Non è più riabilitazione ma ‘afflizione’. L’interruzione della prescrizione dopo la sentenza di primo grado che era stata introdotta da Bonafede aveva creato la figura processuale dell’imputato a vita, in balia delle decisioni dei magistrati e senza alcuna possibilità di incidere sulle stesse.
La riforma Cartabia ha, come detto, introdotto l’improcedibilità ma gli effetti, soprattutto per gli effetti civili non sono ancora valutabili. Il processo deve ricominciare davanti al giudice civile e nessuno è oggi in grado di fare previsioni sulla sua conclusione. Molto meglio, dunque, tornare, come evidenziato dai proponenti, ai tempi di prescrizione legati alla gravità del reato commesso.
Premesso che i reati gravi, quelli per fatti di sangue o con l’aggravante di mafia e terrorismo, sono già oggi imprescrittibili, anche i tanti contro la Pa hanno tempi molto lunghi di prescrizione. Guardando il catalogo dei reati di medio allarme sociale, nessuno, già con le modifiche introdotte da Andrea Orlando, si prescrive prima di 15 anni, un tempo assolutamente idoneo per celebrare i tre gradi di giudizio e in linea con il principio costituzionale della ragionevole durata del processo.
La soluzione, allora, sarebbe depenalizzare e non mettere continui paletti al diritto di difesa. Sempre con le statistiche alla mano, in appello sono modificate circa il 40 per cento delle sentenze di condanna di primo grado. Altro che ‘colpa’ degli avvocati come dice Davigo.
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