Le pulsioni securitarie
Lenin, Davigo e la smania di controllo con la bava alla bocca: lo Stato investa in fiducia
Non inasprendo le pene, ma educando gentilmente. Selezionando i controlli, non intensificandoli. Trattando i cittadini come adulti consapevoli e responsabili
Claudio Cerasa sul Foglio ha elencato con puntiglio i tanti provvedimenti del governo Meloni che proclamano inasprimenti di pene, giri di vite, nuovi reati e carceri a gogò. Al momento – va detto – sono più che altro parole in libertà, che hanno il solo effetto di aumentare le pulsioni securitarie in un’opinione pubblica già sufficientemente incattivita da media allarmistici e corrivi. Poi vedremo il seguito: per ora viene da sorridere amaro, immaginando una nuova infornata di misure repressive calate nel colabrodo del sistema giudiziario italiano.
Se poi vogliamo dirla tutta, gli eccitati annunci sanzionatori, spesso rilasciati con un filino di bava alla bocca, sono solo l’ennesima confessione di impotenza di un intero paese che da tempo ha smesso di pensare in grande, che non si dà obiettivi ambiziosi perché non ha fiducia in sé stesso. E per questo non sa fare altro che lanciare periodiche, disperate quanto inutili grida manzoniane, motivate sempre da una occhiuta, pervasiva smania di controllo. La più grande malattia del sistema-Italia, a pensarci bene.
Ora, non mi va di fare la parte dell’italiano-che-va-all’estero-e torna-facendo-stupidi-paragoni, ma alcuni giorni fa sono stato a Lipsia (una parte di Germania ex DDR e prima ancora Prussia, non so se mi spiego) per il Festival del mio amato Johann Sebastian Bach, e mi sono accadute le seguenti cose, tra le altre: 1) in tutti i gates aeroportuali varcati (Monaco-Lipsia-Francoforte) nessuno mi ha mai chiesto un documento d’identità, per accedere ai voli era richiesto il solo ticket aereo; 2) a Lipsia ho alloggiato in un albergo di una grande catena internazionale (il Best Western) prenotato su Booking, e anche lì nessuno mi ha chiesto documenti in entrata o in uscita, salvo inviarmi qualche giorno dopo una mail per chiedermi gentilmente il versamento della tassa di soggiorno che non avevo pagato; 3) pur alloggiando nei pressi della stazione, dove vivono giorno e notte diverse persone “problematiche”, non ho mai visto in città l’ombra di un poliziotto, neanche di sera tardi.
Ho ricavato insomma la netta sensazione di una società in cui la vita è libera e semplice, naturalmente con il supporto di tecnologie che si incrociano utilmente, in cui il cittadino non subisce continui, ossessivi controlli burocratici. E questo mi accadeva proprio nei giorni in cui impazzava in Italia la discussione sui “controlli concomitanti” della Corte dei Conti che il governo giustamente voleva limitare.
Conosco bene le obiezioni agli esempi banali che ho fatto: “loro” sono tedeschi (o inglesi o svizzeri o quello che volete), hanno una diversa coscienza civica, un’organizzazione e un rapporto con lo Stato a noi sconosciuto, e così via. Argomenti che non mi piacciono affatto. Intanto perché è ampiamente dimostrato che “noi” siamo in grado di comportarci come si deve, quando immersi in altri contesti. E poi perché è un modo di ragionare senza sbocchi: che cosa bisognerà fare, chi dovrà agire per invertire la tendenza e conquistare una “vita semplice” anche dalle nostre parti? A chi la prima mossa?
Pensando ad una riunione di condominio cui partecipai una volta (mai più da allora…), mi viene da dire che la prima mossa la deve fare lo Stato, rovesciando la sua logica sospettosa e irrispettosa verso i cittadini e investendo radicalmente in fiducia. Non inasprendo le pene, ma educando gentilmente. Selezionando i controlli, non intensificandoli. Trattando i cittadini come adulti consapevoli e responsabili. Solo così tutti noi potremo progressivamente ripensare lo stare insieme, riconoscerci nelle istituzioni di tutti e migliorare i nostri stessi comportamenti.
Se invece, per citare un protagonista dei disastri novecenteschi, in tanti continueranno a pensare che “la fiducia è bene, il controllo è meglio” (Vladimir Ilic Ulianov, detto Lenin), e alcuni contemporanei potranno dire senza colpo ferire che “non ci sono innocenti, ma solo colpevoli non ancora scoperti” (Davigo, brrr…), beh allora, per chi sogna la “vita semplice”, i tempi continueranno ad essere duri.
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