Il ballottaggio non sarà necessario. Gaetano Manfredi la spunta al primo turno ed è il nuovo sindaco di Napoli. Netta la vittoria sugli avversari: nel momento in cui questo giornale va in stampa, l’ex rettore della Federico II e ministro dell’Università totalizza quasi il 65% dei voti staccando l’avversario di centrodestra Catello Maresca, l’ex governatore Antonio Bassolino e la mini-coalizione arancione di Alessandra Clemente, fermi rispettivamente al 21.14, al 7.12 e al 5.72%. Nella città considerata laboratorio politico in vista del 2023, anno in cui sarà rinnovato il Parlamento nazionale, l’accordo tra Partito democratico e Movimento Cinque Stelle sembra funzionare. Ma è il dato sull’astensione a lasciare sbalorditi: alle urne si è recato soltanto il 47,19% dei napoletani. Il che testimonia l’ulteriore allontanamento del corpo elettorale dalla politica.

La vittoria dell’ex rettore non è mai stata in discussione. Per quanto i sondaggi degli ultimi giorni fossero confortanti, non mancavano gli esponenti del centrosinistra rassegnati all’idea di un ballottaggio tra l’ex rettore e uno tra Maresca e Bassolino. Una circostanza, quella di un duello tra Manfredi e don Antonio, che avrebbe riaperto antiche ferite e probabilmente scatenato l’ennesimo scontro generazionale all’interno del centrosinistra. Così non è andata e l’ex rettore ha potuto esultare: «Rappresenteremo la Napoli della sofferenza e dello sviluppo, mettendo in campo una giunta di alto livello e con la consapevolezza che la città è attesa da una sfida decisiva».

Dicevamo, però, dell’astensionismo da record. Rispetto al primo turno delle comunali del 2016, quando alle urne andò il 54% degli aventi diritto, a Napoli sono stati persi altri sette punti di partecipazione. Il dato è in linea con quelli registrati in altre grandi città al voto. Basti pensare a Milano e a Torino, dove è stato segnato il record storico negativo di votanti. Ma quel misero 47% di affluenza rilevato ieri nel capoluogo campano dovrebbe imporre almeno due ordini di riflessioni all’intera classe dirigente partenopea. Da un lato, infatti, denota un ulteriore distacco tra l’elettorato e la principale istituzione cittadina, complici dieci anni di disastri politico-amministrativi e una campagna elettorale estremamente povera di contenuti. Dall’altro, è il sintomo di un preoccupante mix di sfiducia e rassegnazione dei cittadini in un momento in cui, invece, tutti dovrebbero contribuire con entusiasmo alla ricostruzione della città e del Paese.

Ovviamente, il risultato elettorale napoletano avrà delle ricadute anche a livello nazionale. Insieme con Bologna, infatti, il capoluogo campano è l’unica grande città in cui Pd e M5S hanno sperimentato un’alleanza organica con l’obiettivo di sbarrare al centrodestra la strada verso il Comune. D’altra parte, qualche giorno fa, il presidente della Camera Roberto Fico è stato chiaro e ha parlato di Napoli come di un «laboratorio politico in vista delle elezioni del Parlamento nazionale del 2023». A Napoli, dunque, la strategia ha dimostrato di funzionare, seppur con risultati forse meno soddisfacenti rispetto a Bologna, dove il candidato di centrosinistra Matteo Lepore è riuscito a imporsi totalizzando un numero di voti più consistente di quello di Manfredi e avendo la meglio su un centrodestra senz’altro più competitivo. Fatto sta che ieri il successo dell’ex rettore ha mandato in visibilio tutti i leader di Pd e M5S, molti dei quali si sono precipitati a Napoli per intestarsi la vittoria.

E il centrodestra? La strategia di rilancio basata sull’apertura alla società civile è miseramente fallita. E la bocciatura di quattro liste della coalizione di Maresca ha segnato l’apoteosi del dilettantismo, figlio della mancanza di una classe dirigente autorevole, e dell’incapacità del pm di governare i rapporti tra componente civica e politica della coalizione. Per il magistrato, dunque, si annuncia un futuro da leader dell’opposizione in Consiglio comunale come lui stesso ha sottolineato, non senza qualche nota polemica: «Rappresenteremo non solo i napoletani che ci hanno accordato fiducia, ma anche quelli che non hanno votato. Avremo un sindaco scelto da un elettore su due e dobbiamo vigilare. Faremo un’opposizione vera, autentica, quella che forse è mancata negli ultimi dieci anni».