Uno strano scherzo del destino ha voluto che proprio ieri, mentre l’aula del Senato commemorava Silvio Berlusconi, in un’altra aula, di tribunale, Piercamillo Davigo venisse condannato a quindici mesi di reclusione, con sospensione della pena, per rivelazione del segreto di ufficio e a 20.000 euro di risarcimento nei confronti di Sebastiano Ardita, ex componente del Csm, come racconta nel dettaglio su questo giornale Paolo Pandolfini.

Fuori da ogni ipocrisia: la tentazione di esultare per questa condanna, siamo umani, verrebbe forse anche a noi. Il garantismo però è in fondo anche e soprattutto sancire il primato della ragionevolezza sulla reazione di pancia. Per cui le esultanze le lasciamo ai cultori del populismo giudiziario, di cui Piercamillo Davigo è stato ed è autorevole esponente, come sanno tutti quelli che hanno letto il libro scritto- ironia del destino vuole- a quattro mani con Ardita, dal titolo “Giustizialisti”. Noi ci teniamo la ragionevolezza dello Stato di diritto.

Questo non vuole dire però non ricordare dei passaggi salienti delle esternazioni di Davigo. Perché essere garantisti non significa censurare, non riportare le notizie, ma farlo assumendo a faro guida il sacro dubbio. Il dubbio sta al garantista come la certezza dell’ideologia sta al giustizialista. E allora, non può non venire in mente la celebre frase sugli innocenti che sarebbero solo dei colpevoli che l’hanno fatta franca. E a questo ribattere che invece no, per noi Piercamillo Davigo è semplicemente presunto innocente fino a sentenza passata in giudicato.

Quello che ci auguriamo è che oggi, nell’apprendere di essere stato condannato, l’ex Pm colga l’importanza della presunzione di innocenza. Che abbandoni il furore manettaro e che recuperi quell’umanità che gli è mancata quando, durante la stagione di Mani Pulite, in seguito al suicidio del parlamentare socialista Sergio Moroni, dichiarò che “È un episodio che sul piano umano non può che colpire, ci mancherebbe altro che qualcuno fosse contento di quello che è accaduto. Ma non vedo perché dovrebbe cambiare il metodo dell’indagine… Le conseguenze dei reati ricadono su chi li ha commessi” e 32 anni dopo, ha detto di non aver cambiato idea.

Che la smetta di ergersi a moralizzatore dalle colonne del quotidiano di Travaglio (gli siamo vicini in questo difficile momento) e dai salotti di La7. Perché, come diceva Nenni, a fare a gara a fare i puri, troverai sempre uno più puro che ti epura. È la sorte dei populisti, da sempre. Fin dai tempi della rivoluzione francese, quando la stessa ghigliottina usata dai Giacobini, fu usata sul loro leader, Maximilien de Robespierre.