Tranne il pm milanese Paolo Storari, nessuno ha mai avuto interesse ad indagare sulla loggia Ungheria. Piercamillo Davigo, che si era fatto consegnare da Storari i verbali delle dichiarazioni di Piero Amara, aveva interesse a screditare il collega Sebastiano Ardita, il cui nome figurava fra gli appartenenti alla loggia, e condizionare così il Csm. Davigo, imputato per rivelazione del segreto, ha sempre dichiarato che “aver appreso il contenuto dei verbali comportava la necessità di indurre i consiglieri del Csm a prendere le distanze da Ardita”.

Come mai, allora, non fece lo stesso, afferma il difensore di Ardita, l’avvocato Fabio Repici, con il presidente aggiunto del Consiglio di Stato Sergio Santoro, un altro appartenente alla loggia secondo la testimonianza di Amara, che invece frequentava anche a cena. Ad una di queste cene, a cui avrebbe partecipato il procuratore nazionale antimafia Federico Cafiero de Raho, si era discusso del possibile innalzamento dell’età pensionabile dei magistrati a 72 anni. Innalzamento di cui avrebbe potuto beneficiare lo stesso Davigo. Stando così i fatti, risulta illuminante la testimonianza di Storari davanti ai pm di Brescia. Il pm, dopo aver terminato gli interrogatori in cui Amara aveva raccontato l’esistenza della loggia Ungheria, di cui avrebbero fatto parte magistrati ed esponenti delle forze di polizia, era andato dal suo capo, il procuratore Francesco Greco.

«Ho una interlocuzione con il dottor Greco e gli dico: “Francesco ma te a ste robe che dice Amara ci credi?” … “Si Paolo io ci credo però lì dentro si parla di Zafarana (Giuseppe, comandante generale della guardia di finanza, ndr). … e io adesso non lo voglio toccare perché mi deve sistemare il colonnello Giordano (Vito, ndr) che deve andare al Nucleo di polizia valutaria di Roma”». Storari ha poi un colloquio con l’aggiunto Fabio De Pasquale che gli dice “di tenere fermo nel cassetto due anni questo fascicolo”. «Queste due interlocuzioni che io ho avuto orali mi assumo la piena responsabilità nel dire queste cose, pienissima, di fronte a un aggiunto e a un procuratore capo che a torto o a ragione mi dicono queste cosa…. mi dica cosa dovevo fare?», prosegue Storari rivolgendosi ai colleghi di Brescia. «L’intenzione è stata questa: questo fascicolo deve rimanere fermo per due anni. Non rompiamo le palle», sottolinea ancora Storari. «E perché De Pasquale avrebbe avuto interesse a tenerlo due anni nel cassetto?», gli chiede il procuratore di Brescia Francesco Prete.

La risposta: «Non bisogna disturbare il processo Eni-Nigeria. Se avessimo avuto la prova che Amara diceva delle palle le chiamate in correità in quel processo finivano e questo non poteva essere consentito. Ho vent’anni di esperienza ma una roba del genere a me non è mai stata detta in tutta la vita». Storari, poi, affronta il tema delle indagini sulla loggia Ungheria e del trasferimento a Perugia dell’inchiesta. «In un fascicolo così non c’è un atto istruttorio …. lei non vede una delega alla pg … non vede la pg che scrive una roba …. vuoi andare a vedere dove si trovano questi qua? dove fisicamente si trovano? vuoi fare due tabulati visto che abbiamo due anni di tempo», ricorda Storari a Prete. «Questo (Amara) ha iniziato a parlare a dicembre 2019, il fascicolo è andato a Perugia con quattro sit (verbali di sommarie informazioni, ndr) schifosi a gennaio 2021. Le sembra una cosa ammissibile con quelle dichiarazioni? Se si fosse scoperto che Amara era calunniatore voleva dire la morte di quel processo che a Milano la Procura non poteva e doveva perdere», aggiunge Storari. Prete lo incalza: «Mi dice qualche atto d’indagini che le hanno impedito di fare?».

«I tabulati, le deleghe alla pg», risponde secco Storari, spiegando anche il perché non vennero fatte fare da Greco: «I carabinieri no perché c’è implicato il generale Del Sette (Tullio, ndr), comandante generale dell’Arma, la guardia di finanza no perché ci sta Zafarana. La polizia di Stato mi sta sulle palle». Storari decide di optare per la polizia: «Ad un certo punto dico lo Sco (Servizio centrale operativo, ndr), non c’è nessuno dello Sco, diamolo a loro, almeno qualcuno si salva». «Allo stato – continua Storari – all’interno della polizia non vi è alcun appartenente a differenza quanto meno per carabinieri e guardia di finanza». E sui tabulati: «L’unica volta, cazzo, che mi sono permesso di dire facciamo i tabulali questi mi volevano aprire un procedimento disciplinare». «Di fronte a un fascicolo di questa portata, non stiamo parlando di una truffa alle assicurazioni stiamo parlando di robe devastanti per il Paese, facciamo veloce», ricorda ancora Storari a Prete, aggiungendo però che il fascicolo era invece «rimasto un anno e due mesi nel cassetto».

A gennaio del 2021 il fascicolo arriva comunque Perugia per competenza territoriale. «Ha visto chi c’è in questa loggia, il dottor De Ficchy (Luigi, ndr) cosa faceva De Ficchy, il procuratore di Perugia», continua Storari all’indirizzo di Prete. La procura del capoluogo umbro per Storari sarebbe stata incompetente. «Sa qual è il grande stratagemma che viene trovato per mandarla a Perugia? Grande, fantasioso si separa De Ficchy, si manda a Firenze e tutto il resto si manda a Perugia», ricorda Storari che sul punto ha le idee chiare: «E’ una vergogna. Perugia qui non c’entra un cazzo». Storari si assume comunque la responsabilità della scelta: «Io ho condiviso perché almeno facciamo qualcosa». «Lì ci sono i massimi vertici delle forze dell’ordine, ci sono componenti del Csm, questa roba è stata gestita una merda. Questa roba, insisto, in due mesi lavorando giorno e notte dovevi portarla a casa. E se scoprivi che questo (Amara) diceva in parte cazzate, era da arrestare», le ultime parole di Storari.