A Piombino il sindaco destro e nimby, not in my backyard, continua a sperare nel ricorso al Consiglio di Stato. Giorgia Meloni, visto che il  sindaco è suo, la considera una battaglia persa. E lo lascia fare. Le mele “marce” in fondo stanno in ogni cesto. Verdi e sinistra gridano instancabilmente allo scandalo: “Ancora gas? Non bastano le tragedie climatiche che anche il nostro paese sta subendo?”. Il Presidente Eugenio Giani ha ormai assunto la forma del punching ball: incassa incassa e intanto tiene il punto: “la Golar Tundra è un pilastro della nostra sicurezza nazionale”.

Sono gli altri che si stancano. Anzi, a parte il sindaco, si sono già stancati. Così, in questa storia dove i ruoli spesso si sono invertiti, ieri mattina la nave rigassificatrice della Snam ha cominciato ad immettere gas liquefatto nei tubi del circuito nazionale. Golar Tundra pomperà 5 miliardi di mc di gas all’anno. Quei rubinetti aperti significano tante cose: la certificazione della fine totale della dipendenza italiana dal fornitore russo e la sconfitta di Putin nella battaglia-ricatto del gas.

Entro un anno e mezzo o due andremo a sostituire il nostro import dalla Russia. E’ la missione prioritaria per l’Italia e di questo governo”, disse con tono perentorio Mario Draghi a metà marzo 2022, quando i carri armati russi erano ormai entrati in Ucraina e a tutti noi sembrava di essere entrati in un incubo che si chiama guerra, inflazione e carenza di materia prime. Il governo Draghi è rimasto in carica altri sette mesi. Dopo cinque, a luglio, fu sfiduciato e rimase in carica per gli affari correnti. Ma fino al 24 ottobre, giorno del passaggio di consegne a Giorgia Meloni, Draghi ha curato di persona i contatti con i governi di Algeri e Baku, ha compiuto viaggi e missioni.

Intanto a Bruxelles conquistava il tetto al prezzo del gas, con l’allora ministro Cingolani chiedeva agli italiani comportamenti virtuosi (e anche derisi dai soliti qualunquisti) e aveva messo come priorità “per la sicurezza nazionale” l’avvio entro la metà del 2023 della nave rigassificatrice della Snam. “Con l’apporto di 5 miliardi di mc di gas, mettiamo in sicurezza l’Italia dal punto di vista energetico”.

Oggi che la nave attraccata alla banchina est della darsena nord della nuova area portuale di Piombino ha iniziato a fare il suo lavoro, la promessa di Draghi può dirsi onorata. In sedici mesi è stata fatta una rivoluzione. Il fabbisogno nazionale di gas si aggira intorno ai 70 miliardi di metri cubi. Prima di tutto abbiamo imparato a consumare meno seguendo alcune linee guida e grazie ad un inverno mite. Da 76 miliardi di mc, siamo scesi ad un consumo pari a 68. Fino a marzo 2022, la Russia copriva il 40 per cento del nostro fabbisogno, circa 30 miliardi. La minaccia delle fabbriche energivore chiuse e delle case fredde è stata la più odiosa minaccia di Putin. Quei trenta miliardi di mc sono stati così sostituiti: il Tap, il gasdotto che arriva dall’Azerbaijan, ha raddoppiato il pompaggio ed è già passato da 7 a 10 miliardi di mc (nell’arco dell’anno) ed entro la metà del 2024 arriverà a pompare 20 mld di mc.

Le navi rigassificatori già presenti in Italia (a Panigaglia, provincia di La Spezia su terra; a Livorno e a Rovigo, sono in mare) sono stati riattivati, potenziati e stanno trasformando 5 mld di mc di gas nell’arco dell’anno. Altri 5 mld di mc di gas li stiamo importando da Olanda e Norvegia. Aumentato anche l’import da Algeria, da sempre il nostro secondo fornitore: entro la fine del 2023 arriveranno sei miliardi di mc di gas. La situazione in Libia è quella che è e dunque è bene non farci troppo affidamento. Missione compiuta, si dovrebbe dire. Ma nulla è più in evoluzione del quadro energetico. E il governo preferisce essere pronto ad ogni emergenza ed evoluzione del quadro.

La Golar Tundra, ad esempio, potrà stare a Piombino tre anni. Questo il compromesso per farla arrivare e lavorare. “Poi andrà nel Tirreno del nord o nell’Adriatico” ha detto ieri il ministro Pichetto Fratin. Come che sia, per evitare stop burocratici, il governo ieri ha deciso di infilare nel decreto per l’emergenza alluvione una norma che consente all’esecutivo di avere mano libera per attaccare nuovi rigassificatori. Sinistra e Verdi sono già pronti alla battaglia. La norma è da capire bene: Meloni non l’ha spiegata. Succede spesso.

Claudia Fusani

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