Il 48% dei non votanti in Abruzzo – coerente con la tendenza di tutte le ultime elezioni – parla di un elettorato che non trova una offerta politica soddisfacente. Eppure le forze centriste, segnatamente Italia Viva, Azione e +Europa, non superano (in Abruzzo come fu in Sardegna) il 7% dei consensi. Una utilità marginale, non rilevantissima. Secondo Giovanni Orsina, sentito dal Riformista, “il centrismo in Italia è largamente sopravvalutato: alla prova dei fatti l’insieme di coloro che si richiamano al centro supera difficilmente il 10-12%”. L’analisi del sondaggista Antonio Noto è più generosa: “Ogni volta che chiediamo quanti italiani si considerano di centro, le risposte affermative sono tra il 18 e il 22%. Quando poi vanno a votare, oltre la metà di chi si richiama al centrismo effettua una scelta di campo tra centrodestra e centrosinistra. Perché l’elettorato si è immedesimato nel bipolarismo, sente di dare un voto più utile se si colloca a destra o a sinistra”. È il paradosso di un Paese che si richiama ai valori moderati, conservatore ma senza eccessi, eppure tendente a prediligere schieramenti più marcati, al momento del voto. In Europa la tendenza è analoga. Nella Germania della Cdu Helmut Kohl dava del Centro una definizione fulminante: “Il Centro non esiste, è solo il perimetro degli elettori che si spostano da una parte all’altra”.

La scommessa

La scommessa di Italia Viva e di Matteo Renzi – nato nella culla della Margherita di Francesco Rutelli – sta proprio nel riaprire il capitolo centrista. “Palla al Centro”, il suo ultimo libro, prova a gettare il cuore oltre l’ostacolo: “L’unica speranza per l’Italia e l’Europa è che si vinca al centro. Sono contento di quello che ho fatto in passato, ma è arrivato il momento di un nuovo inizio”. Allo stesso perimetro guarda Carlo Calenda. Quando prefigura un “Patto repubblicano che metta insieme le migliori culture politiche della nostra storia” guarda alla costruzione di un soggetto liberaldemocratico e riformista al quale però nessun test elettorale attribuisce oltre il 4% dei consensi. Già nel nome, Azione si richiama alla gloriosa – ancorché fugace – storia del Partito d’Azione, nato sulla scorta dei partigiani laici di Giustizia e Libertà. “Occorre un Centro popolare, plurale e riformista che ha contraddistinto le migliori stagioni della ‘politica di Centro’ nel nostro paese”, precisa dal versante cattolico Giorgio Merlo, per quattro volte deputato dai Popolari all’Ulivo. Diversa la scuola di Riccardo Magi, leader di Più Europa, che rinnovando la tradizione dei Radicali di Marco Pannella si pone al Centro da una prospettiva europeista liberale e scommette sulla battaglia per gli “Stati Uniti d’Europa”. Percorsi diversi che convergerebbero verso un Centro, se si fosse capaci di trasformare questa Itaca immaginaria della politica italiana in un progetto più solido e strutturato. E invece i veti incrociati continuano a costruire dighe che impediscono le confluenze. “Se c’è Renzi, non ci saremo noi”, ha ripetuto più volte Calenda. Più Europa ha perso la pazienza e lanciato negli scorsi giorni un ultimatum, guardando alle Europee: “Il tempo sta scadendo. O tutti insieme o nessuno”. Ancora veti. Stavolta perfino interni: l’area che in +E fa capo all’ex sindaco di Parma, Federico Pizzarotti, con Renzi non vuole saperne di allearsi. Il sospetto è che se molti centristi del centrodestra alla fine della fiera si accorpano a Forza Italia (è il caso, nelle amministrative, di Noi Moderati di Maurizio Lupi) lo stesso pensino di fare a sinistra – con il Pd – alcuni dei soggetti menzionati. Dalle parti della Leopolda appena conclusa si malignava che tale potrebbe essere l’opzione di calendiani e radicali.
A Renzi, Calenda e Magi vanno d’altronde affiancati i tanti protagonisti, sul piano locale, regionale o nazionale, di esperienze consonanti. Convergenti ma non affluenti. Giuseppe De Mita dell’Associazione Popolari, Gaetano Quagliarello di Fondazione Magna Carta, Ivo Tarolli di Piattaforma Popolari 2023 che ha fondato con Stefano Zamagni “Insieme”, nuova casa politica dei cattolici. Giuseppe Fioroni di Tempi Nuovi, I Moderati del piemontese Giacomo Portas. Ed è della partita è il sindaco di Benevento, Clemente Mastella, che già un anno fa ha inaugurato in grande stile “Noi di Centro”. Non va dimenticato il Centro Democratico di Bruno Tabacci. Così come la Dc di Totò Cuffaro e Mpa di Raffaele Lombardo. La piccola DC di Angelo Sandri e il Movimento Politico Libertas di Antonio Fierro. E i liblab? Tanti e frastagliati. Il Pli dell’avvocato palermitano Stefano de Luca. Democrazia Liberale di Vincenzo Palumbo. L’Alde dell’ex capogruppo Dem alla Camera, Andrea Marcucci. Ali di Oscar Giannino. E’ in vita anche il Pri che fu di Spadolini e La Malfa. I partiti storici e quelli postmoderni: i globalisti di Volt e quelli di Nos, formazione guidata dal giovane Alessandro Tommasi.

La matrice politica riformista

A riunire con una matrice politica riformista e centrista il variopinto arcipelago delle liste civiche sta provando Claudio Signorile, per anni al vertice del Psi, oggi impegnato con Giampaolo Sodano, Alfredo Venturini e molti altri nella costruzione della Federazione dei Civici Europei. Ed estendendo appena oltre la linea di confine con il centrodestra, l’ex formazione di Coraggio Italia (Andrea Causin e Sandro Biasotti) e l’ex Cambiamo! del governatore ligure Giovanni Toti, poi confluiti in Noi Moderati. Un florilegio di soggetti e organizzazioni accompagnato dalle tante attività editoriali e storico-culturali: le fondazioni Einaudi, liberale, Craxi, socialista, e De Gasperi, cattolica, sono tra le più note e attive. Proprio oggi a Firenze si terrà l’incontro “De Gasperi e l’Europa”, organizzato dall’omonima fondazione a 70 anni dalla scomparsa dello statista. Tante energie, perfino dispersive, nella corsa al Centro che non c’è. “E non c’è perché mancano tre elementi – sintetizza ancora Antonio Noto – Un progetto chiaro, uno storytelling convincente e motivante e una leadership autorevole, unificante, carismatica. Ad oggi questi elementi non sono presenti”. Le convergenze della storia rimangono ancora da tracciare.

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Ph.D. in Dottrine politiche, ha iniziato a scrivere per il Riformista nel 2003. Scrive di attualità e politica con interviste e inchieste.