Fino a un mese fa era un tabù e “rimpasto” una parolaccia. Il ritorno dalla vacanze lo ha sdoganato e adesso è il gioco a cui tutti lavorano e su cui fanno ipotesi. Da una parte i sondaggi locali compulsati ogni giorno, dall’altra lo studio delle mosse politiche a livello nazionale sperando che non facciano più danni che altro (come la fiducia sugli 007). È il motivo dell’inabissamento del premier Conte e del capodelegazione Pd Dario Franceschini, un silenzio concordato tra i due ma dicono fonti qualificate “molto operoso nei rispettivi uffici e nei contatti telefonici”. Sarebbe stato, il rimpasto, anche oggetto di un incontro, non confermato, avvenuto sulla bellissima isola di Filicudi tra Franceschini, il potentissimo capo di gabinetto Nastasi e la capogruppo di Italia viva alla Camera Maria Elena Boschi. Anche al Nazareno, il segretario Zingaretti ha qualche appunto in proposito relativo ai vari scenari che si apriranno il 21 settembre, tra il pomeriggio e la sera quando lo spoglio delle schede delle regionali e del referendum avrà fissato chi vince e chi perde. Intanto ieri ha detto che la sua leadership non è in gioco, che vuol dire esattamente il contrario.

Si tratta di un gioco complicato, ricco di subordinate, in cui è necessario, ma difficile, incastrare tutte le variabili. Il gioco tiene fermo un punto su cui tutte le forze di coalizione sono d’accordo: la legislatura va avanti fino al 2023. È addirittura blindata se il Sì dovesse uscire vincitore dal referendum. Risultato non più scontato. L’opzione di un terzo incarico a Conte, il Conte ter, resta sul tavolo in più scenari. Escluso solo nel caso in cui il centrosinistra dovesse perdere anche la Toscana e il pallottoliere dovesse fermarsi sul 5 a 1, cinque governatori al centrodestra e uno solo al centrosinistra, la Campania. “Sempre che si possa considerare De Luca uno di centrosinistra” osserva una deputata senior del Pd.

Sintetizzando possiamo dire che sono quattro gli scenari presi in considerazione da Conte, Franceschini e Zingaretti. Lo scenario più favorevole lascia le cose così come stanno, quattro regioni al centrosinistra e due, Liguria e Veneto, al centrodestra. Un sogno che neanche i più ottimisti nel Pd coltivano. Qualora si verificasse, a prescindere dai risultati del referendum e dalle perfomance delle liste 5 Stelle, il Pd andrebbe subito all’incasso: un corposo rimpasto, più spazio al Pd e a Italia viva e soprattutto una nuova agenda di governo che spazzi via una volta per tutte l’idea che “il Pd va a rimorchio dei 5 Stelle senza riuscire ad imporre la sua linea”. In gergo, la famosa “subalternità”. Conte resterebbe al suo posto e Zingaretti andrebbe a fare il vicepremier restando segretario.

La scenario 2 è quello auspicato, al momento anche compatibile con i sondaggi, e vede un 3 a 3, tre regioni al centrodestra (Liguria, Veneto e Marche) e tre al centrosinistra (Toscana, Campania e Puglia). “Ti rendi conto che ci ritroviamo a dover lavorare per Emiliano?” sottolinea un ex ministro del Pd. I sondaggi danno il governatore uscente sotto di un punto e mezzo (38, 2) mentre Fitto sarebbe a 39,6. Brividi al Nazareno, visto che nelle Marche il distacco è assai più netto (+13%) in favore di Francesco Acquaroli (Fdi). Da qui le decisione di investire risorse ed energie soprattutto in Puglia. Lavorando sul 15 per cento attribuito alla candidata 5 Stelle. E sul 2 per cento stimato per Ivan Scalfarotto, il candidato di Iv-Azione e +Europa. “Voto utile e voto disgiunto” saranno le parole chiave. Nello scenario 2, Zingaretti potrebbe riuscire a rinviare il regolamento di conti del congresso e ambire anche alla casella del vicepremier.

“Un segretario di un partito di maggioranza fuori dal governo e dal Parlamento è troppo svantaggiato” si ripete da tempo al Nazareno. Per ottenere questo però Zingaretti dovrebbe saper dimostrare che il Pd tiene la golden share della maggioranza. E che, tanto per cominciare, “Conte chiede il Mes e ci portiamo in cassa quei soldi di cui abbiano un bisogno drammatico”. Il gioco del rimpasto punta il suo mirino su tre caselle: Scuola, Infrastrutture, Lavoro. Il Viminale è stato blindato: è un posto per tecnici e il tecnico c’è già. Avanti con Lamorgese. Anche Conte se ne dovrà fare una ragione. Il premier piuttosto, potrebbe rinunciare alla delega ai servizi segreti, l’ultima vicenda con il voto di fiducia lo ha esposto troppo. Italia viva punterebbe ad un dicastero. Renzi ha detto in ogni modo di non voler essere coinvolto. C’è sempre il nome di Boschi, ma spunta anche quello di Rosato.

Lo scenario 3 e 4 sono i più difficili da sviluppare perché, come spiegano varie fonti Pd e di varie correnti, entrano in gioco molte variabili: esito del referendum e percentuali di voto delle singole liste. Lo scenario 3 vede un risultato di 4 a 2, cioè il centrodestra porta a casa la guida di Marche e Puglia. In questo caso Zingaretti lascerebbe subito la segreteria (per approdare comunque al governo come vicepremier). Il rimpasto sarebbe guidato più da Conte (anche lui vuole cambiare la squadra) e da Franceschini che dal Nazareno. Su cui si andrebbe ad aprire il congresso. E qui entra in gioco la squadra degli amministratori locali, quella classe dirigente che a livello nazionale è un po’ stanca e logora e che invece sui territori è vivace, coraggiosa e con buone idee. La carta vincente in questo caso è il governatore dell’Emilia Romagna Stefano Bonaccini e con lui una squadra di sindaci brillanti, da Gori (il primo a lanciare la segreteria Bonaccini) a Nardella, da Valeria Mancinelli e Decaro e tanti altri. Oltre a cambiare classe dirigente, Bonaccini dovrebbe anche riuscire a riportare a casa gli scissionisti, da Renzi a Calenda, per rimettere il partito sulla strada del riformismo vero. Imbarcando, perché no, chi ci sta dei 5 Stelle. Ma basta con le “alleanze strutturali”.

Lo scenario 4 è il più nefasto, per il Nazareno, il centrosinistra ma anche per Conte e Franceschini. Il Pd perde anche la Toscana che a questo punto avrebbe ancora più valore dell’Emilia Romagna. Tra Giani (csx) e Ceccardi (cdx) la distanza è breve, un punto e mezzo in favore dell’ex campione di pallanuoto che dopo lo sport ha passato tutta la vita amministrando prima Firenze e poi la regione. Ieri nuovi sondaggi (Emg-Acqua) hanno fatto tirare un sospiro di sollievo: Giani cresce e arriva al 44%, Ceccardi al 41,6. Decisiva, per Giani, diventa Italia Viva e + Europa al 7,5%. Il Pd al 31%. Conte e Franceschini, uniti e riparati dietro il loro rumoroso silenzio, devono mettere in conto anche il 5 a 1. Vogliono salvare la legislatura ma a quel punto sarebbe impossibile un Conte ter. Si aprirebbe la pagina bianca del governissimo. O del governo tecnico. Che spazzerebbe via tutti i ministri o quasi adesso in carica. Compreso Conte.

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Giornalista originaria di Firenze laureata in letteratura italiana con 110 e lode. Vent'anni a Repubblica, nove a L'Unità.