Il dibattito sull'eutanasia
Precisazione ai fini di una proficua continuazione del dialogo
Essendo fautore da sempre del dialogo fra laici e cattolici, ritengo che il dibattito con Fabrizio Mastrofini iniziato su Il Riformista sia un fatto interessante e positivo. Ritengo però che, prima di proseguire, si debba preliminarmente sgomberare il campo dall’equivoco, presente nell’ultimo articolo del mio interlocutore, secondo cui chi scrive sarebbe un fautore laico della indisponibilità della vita.
Infatti nei miei interventi del 20 e 30 novembre non ho detto che per me la vita è indisponibile, ma che lo è per i documenti ufficiali della Chiesa. Il che è ben diverso da quanto riportato. Infatti, per dissolvere le preoccupazioni di Mastrofini – e nel comune interesse dei dialoganti e dei lettori –preciso che non sono a favore ma contro la dottrina della indisponibilità della vita. Al punto da rappresentare un filosofo e teorico del trapasso dal paradigma indisponibilista a quello disponibilista. Come attestano, in modo inequivocabile, le pagine del volume della Utet e, in forma più sintetica, un mio recente intervento sul sito dell’Associazione Luca Coscioni.
Di conseguenza, per quanto concerne il tema della indisponibilità della vita, come è stato rilevato dal biogiurista Aldo Vitale in un articolo in cui si dà minuziosamente conto del dibattito in corso su Il Riformista in merito al rifiuto della indisponibilità della vita non sono affatto in “dissonanza cognitiva” con Mastrofini e Paglia. Anzi, dal punto di vista dottrinale, più che un avversario, sono oggettivamente un loro alleato. Tant’è che penso anch’io, con i teologi più avanzati del mondo cattolico, che la dottrina non debba essere qualcosa di statico, bensì di dinamico e quindi in grado di sintonizzarsi con lo “spirito dei tempi”. E ciò in armonia con lo spirito del Concilio Vaticano II e la mentalità riformatrice che anima una parte consistente della galassia cattolica.
Tuttavia, questo è ciò che mi differenzia metodologicamente, ritengo che per poter effettuare il sopraccitato cambio di paradigma sia indispensabile non sorvolare, bensì partire da quanto la Chiesa ha storicamente affermato sino ad oggi circa l’indisponibilità della vita. E questo non in vista di un mantenimento conservatore dello status quo bensì per prendere le necessarie distanze da esso. Premessa questa doverosa chiarificazione, mi auguro che un dialogo costruttivo su questi temi “fondativi” (da cui dipendono le diverse soluzioni ai problemi del fine vita) possa proficuamente continuare.
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