Aiuto! Sono tornati i nazi-maoisti, sottospecie stradale, politica e para-militante, pronta a mostrarsi, appunto, nelle piazze al tempo del Covid. Nazi-maoisti, così almeno furono chiamati, grazie a un ossimoro, alla fine degli anni Sessanta, nei giorni della cosiddetta strategia della tensione, certi soggetti. Si tratta una possibile saldatura ideologica cumulativa e insieme pratica: il basco amaranto e insieme l’eskimo, il tatuaggio tribale e la celtica, e perfino la bandiera nera con la A cerchiata, quest’ultima vista a Firenze, durante l’aggressione al giornalista Saverio Tommasi di Fanpage, da far piangere Errico Malatesta nella sua tomba al Verano.

Dietro c’è l’idea paranoide del nemico comune, del potere cui dare una risposta forte e chiara e risoluta, oltre le divisioni ormai improprie: d’altronde, non è altrettanto e sicuramente vero che il nemico corrisponde al “sistema” che vorrebbe tutti sterminarci con i suoi veleni travisati da farmaci?

Ricordo anche, sarà stato il 1972, una campagna elettorale della Democrazia cristiana, da me a suo tempo ritenuta ignobile, nella quale si faceva cenno alla necessità di un “centro” ragionante, dialettico, una nuova “diga” contro “gli opposti estremismi”. Ricordo una lunga discussione avuta in proposito con la prof di lettere, la Martorana, che, sebbene “di sinistra”, provò a dirci che c’era del vero in quel manifesto firmato con lo scudo crociato; cose antiche, l’ho detto, roba degli anni di Lucio Battisti con il suo “Canto libero”.

L’idea pratica del nazi-maoismo mi è tornata in mente proprio in questi giorni, facendo caso alle piazze dove, in nome di una ribelle e assoluta contrarietà alla gestione della pandemia da parte dello Stato in ogni sua articolazione reputata “repressiva”, si è creato un cocktail di protesta che mette insieme ogni possibile opzione e matrice politica, gli opposti appunto: da Forza Nuova alle creature contigue ai centri sociali occupati autogestiti. I “fascisti” accanto alla “gente di sinistra” con il codino, gli uni insieme agli altri, contro una presunta “dittatura sanitaria”. E ancora facce da semplice repertorio da social, almeno all’apparenza tranquille, serene, nostri dirimpettai, perfino facce da cugini cui fare gli auguri ogni Santo Natale. Il detonatore concreto e insieme mentale che ha reso possibile questa definitiva saldatura prende il nome di “Green pass”. Alcuni, addirittura, sempre da destra, e forse non soltanto, l’hanno assimilato alla stella gialla imposta dai nazisti agli Ebrei nei ghetti e non solo lì.

Sinceramente, non avrei mai immaginato che un giorno, di fronte al paradosso di certe subculture politiche, avrei trovato parole tali da rischiare l’accusa d’essere un “pompiere”, così da un certo pezzo di mondo convinto di possedere ogni certezza in tasca sull’inganno dei vaccini, gli stessi che affermano vengano inoculati insieme al “siero” minuscoli aghi (testuale).

Domanda: dove trovare adesso le parole esatte per valutare anche semplicemente sul piano attitudinale il cocktail, la mistura, il serbatoio politici narrato per sommi capi subito sopra? Un mondo verso il quale nutro una sensazione di puro sgomento. Ora, siccome non sono uno scienziato, non sono un virologo, non ho la pretesa di avere gli strumenti completi così da fare una valutazione complessiva, mi atterrò unicamente alla percezione antropologica che il fenomeno risorgente del nazi-maoismo suscita sulla mia inerme persona, già di sinistra. O forse, assodata l’assenza di vero interesse per la complessità da parte di questi ultimi, non ho ragione di affannarmi a trovare risposte convincenti, che vadano oltre la sensazione che nella maggior parte dei casi si tratti, escludendo la teppa criminale che alligna tra i più invasati e analfabeti, di semplici nutrie.

Non è un caso che i nostri compagni di classe e di muretto più stupidi li abbiamo ritrovati tutti all’ombra di quei movimenti che sono stati l’humus che ha poi reso possibile il riaffiorante nazi-maoismo. Il caso dei vaccini, in questo senso, è stato il volano dell’intero delirio politico, sebbene minoritario, cui stiamo assistendo.

Volendo però ipotizzare una risposta fantasiosa (mica possono farne uso soltanto questi altri, il diritto al paradosso affabulatorio è di tutti!) potremmo dire che il nazi-maoismo sta consentendo a molti, come nel sogno del gratta e vinci, la libertà di inventare se stessi come avanguardia dello smarrimento, della frustrazione, dell’incultura, del proprio grado zero mentale, un po’ come avviene con il Lettrismo, cioè l’estrema propaggine dell’avanguardia letteraria francese sperimentale, il loro maestro si chiamava Isidore Isou, costui inventava fonemi senza apparente senso nella sintassi del reale, un mondo di significanti parallelo. Allo stesso modo i nazi-maoisti stanno cercando, forti di due distinte idee profondamente ottuse, eppure staliniste, metalliche (forse non tutti sanno che Stalin significa “d’acciaio”), di inventare un proprio privato, personale, modello di valutazione delle cose del mondo, insieme al complotto con tutte le sue possibili declinazioni; e non sarà certo la presunzione di sensatezza di chi ancora guarda i film di Nanni Moretti come fossero un antidoto etico, a dare una risposta alla deriva. Anzi, l’arrivo del nazi-maoismo, la sua apoteosi di piazza, segna la definitiva trasformazione in cenere della sinistra fino a come oggi è stata concepita. Quanto invece alla destra populista, prosegue la sua strada oscena come ha sempre fatto, fischiettando e poi ruttando il proprio principio di semplificazione del pensiero.

Dimenticavo: qualche anno fa, per caso, in pizzeria ho ritrovato la prof Martorana, la stessa che ricordavo avesse difeso la propaganda centrista della Dc. Bene, ha negato in modo risoluto di avere detto, a suo tempo, parole di moderato ottimismo verso la deriva estremistica. Che brutti tempi d’orgogliosa ignoranza ci sono toccati.

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Fulvio Abbate è nato nel 1956 e vive a Roma. Scrittore, tra i suoi romanzi “Zero maggio a Palermo” (1990), “Oggi è un secolo” (1992), “Dopo l’estate” (1995), “Teledurruti” (2002), “Quando è la rivoluzione” (2008), “Intanto anche dicembre è passato” (2013), "La peste nuova" (2020). E ancora, tra l'altro, ha pubblicato, “Il ministro anarchico” (2004), “Sul conformismo di sinistra” (2005), “Roma vista controvento” (2015), “LOve. Discorso generale sull'amore” (2018), "Quando c'era Pasolini" (2022). Nel 2013 ha ricevuto il Premio della satira politica di Forte dei Marmi. Teledurruti è il suo canale su YouTube. Il suo profilo Twitter @fulvioabbate