Vengo ora al ruolo del Pm nella promozione dell’azione penale. È ormai un fatto pienamente riconosciuto anche in Italia che non tutti i reati possano essere perseguiti così come erroneamente creduto dal nostro Costituente e come previso all’art. 112 della nostra Costituzione. Il compito di scegliere quali reati perseguire viene di fatto lasciato alla libera ed indipendente valutazione dei nostri Pm, che in tal modo definiscono di fatto a livello operativo, senza trasparenza e senza responsabilità alcuna, gran parte delle politiche pubbliche del nostro Paese nel settore criminale. Anche questo non avviene in nessun paese a consolidata tradizione democratica (Inghilterra, Germania, Francia, Olanda, Austria, Stati Uniti, e così via) perché sarebbe ritenuto incompatibile con il principio che le politiche pubbliche debbono essere decise nell’ambito del processo democratico. Vale a riguardo ricordare quanto lapidariamente affermato dalla Commissione presidenziale francese a cui, nel 1997, il presidente Chirac aveva, tra l’altro, affidato il compito di esplorare la possibilità di sottrarre il pubblico ministero al controllo gerarchico del ministro della giustizia.

La Commissione liquidò la questione in poche parole ricordando che nessun paese era mai riuscito, né sarebbe mai potuto riuscire a perseguire tutti i reati. Che quindi sottraendo il Pm al controllo del Ministro si sarebbe anche demandato al Pm il compito di effettuare le scelte di priorità. Cioè scelte di politica criminale. Concludeva ricordando che in un paese democratico le politiche pubbliche in tutti i settori, e quindi anche nel settore criminale, devono essere definite da organi che ne rispondano politicamente. Un orientamento riaffermato anche di recente (2017) dal Conseil constitutionnel francese, in un giudizio promosso dal Syndicat de la Magistrature che da molto tempo vorrebbe che il Pm francese avesse gli stessi poteri del Pm italiano. Ho citato questo caso perché illustra la principale ragione per cui in tutti i paesi a consolidata democrazia l’organizzazione del Pm è gerarchica, unitaria e vede al suo vertice un soggetto politicamente responsabile del settore (di regola il ministro della giustizia, ma anche un altro soggetto come avviene in Spagna e Portogallo ove il capo dello Stato nomina un procuratore generale pro tempore su indicazione del governo).

Non posso qui trattenermi sulle misure che vari Paesi democratici adottano per evitare che un assetto più controllato dell’attività del Pm possa portare ad un uso distorto dei suoi poteri soprattutto per iniziativa del potere politico. È tema di grande importanza risolto in maniera differente da Paese a Paese e che non può certo essere trattato nell’economia di questo breve articolo.
Da ultimo, solo due riflessioni sui progetti di riforma costituzionale attualmente pendenti in Parlamento e volti a regolare le attività del Pm: uno predisposto dall’Unione delle camere penali e l’altro presentato dal senatore Vitali. La prima riflessione è che questi progetti di riforma prevedono la fissazione di priorità nell’esercizio dell’azione penale da parte del Parlamento senza indicare chi dovrebbe controllare il pieno rispetto di quelle priorità e come dovrebbero essere sanzionati i trasgressori. Ed è a dir poco difficile immaginare come questo possa avvenire in un regime di piena indipendenza esterna ed interna del Pm quale esso è attualmente e che non viene modificato in nessuno dei due progetti di riforma.

La seconda riflessione. Nelle relazioni delle due proposte di legge si riconosce che esiste un’incontrollata discrezionalità del nostro Pm nella fase delle indagini, ed era difficile non farlo visto che entrambe le relazioni hanno ampiamente copiato, pur senza dirlo, i miei scritti. Tuttavia nell’articolato non prevedono nessuna norma volta a rimuovere o attenuare i pericoli che al cittadino derivano dalla esistenza nel nostro Paese di un Pm che nella fase delle indagini è di fatto un poliziotto che può agire in piena indipendenza senza portarne responsabilità alcuna. Le ricorrenti tensioni che questo ha prodotto nel governo del nostro Paese e i danni che ha causato a moltissimi cittadini innocenti sono certamente ancor più gravi di quelli che possono derivare dalla assenza di priorità nell’azione penare che le norme di quei due progetti di legge costituzionale cercano di regolare.