L'editoriale
Putin, Hamas e la guerra all’Occidente capitalista: bisogna tornare ai fodamentali
Non sono in grado di valutare con accuratezza quanto avviene nel tumultuoso mondo in trasformazione che abitiamo: semplicemente mi mancano informazioni adeguate, conoscenze e competenze attendibili. Tantomeno ne sono capace se parliamo di conflitti e guerre in atto, avvenimenti che affondano le loro radici – sempre – in vicende antiche e aspre, e si accompagnano peraltro a continui bombardamenti comunicativi distorti e di parte.
Eppure mi sentirei un verme a non dire la mia su quanto sta avvenendo in Medio Oriente, così come ho un’opinione sulla guerra scatenata dalla Russia in Ucraina. In entrambi i casi sono dalla parte di coloro che hanno subito – a mio avviso – feroci, programmate e inumane aggressioni. Ma perché provo questo sentimento? Sono davvero così fazioso e partigiano, animato da infrangibili e ottuse convinzioni precostituite?
Me lo chiedo perché – forse con l’età che avanza – nelle vicende umane mi sforzo costantemente di vedere le ragioni degli altri (“humani nihil a me alienum puto”). E suppongo che anche dietro atti di terrorismo, invasioni di territori sovrani, massacri di popolazioni inermi, ci siano motivazioni profonde, per quanto aberranti.
Il punto è che io non posso farle mie, neppure sul piano cognitivo. E non perché non guardo la “complessità” delle cose, come oggi amano dire frequentatori di talk show e poveri di spirito. La complessità è un concetto essenziale, quando applicato allo studio compassato degli avvenimenti, alla ricostruzione in vitro di passaggi tormentati. Ma applicarlo all’”hic et nunc” della storia è solo viltà e null’altro. Per un individuo come per una comunità l’evento traumatico, scioccante, è sempre un “ground zero”, e colloca in una luce diversa lo stesso passato, perché lo riscrive con la sua violenza inedita. Di fronte a veri salti quantici della storia, la “complessità” finisce per essere un tema buono solo per tartufi e farisei, anche quando travestiti da pensosi intellettuali.
E poi c’è l’argomento principe, che sembrerà agli occhi dei succitati una inammissibile semplificazione. Putin, Hamas e altre simpatiche compagnie, in forme diverse, operano per minare alle basi le società che abbiamo messo su nell’Occidente capitalista e democratico. Questo a me non piace. Non solo – formula riduttiva, ancorché vera – in quanto “la democrazia è la peggior forma di governo se si eccettuano tutte le altre”, ma perché, proprio quando il trauma si affaccia nella storia dell’umanità, a me viene in mente che bisogna tornare ai fondamentali, invece di rifugiarsi nelle pieghe della vigliaccheria e dell’ignavia. È in questi momenti che dobbiamo guardarci intorno, uscire per strada, respirare l’aria delle nostre città, dove si mescolano libertà e ingiustizie, ricchezze e miserie, bellezze e disagi. E ricordare che questo insieme è un enorme privilegio da preservare, contro i nemici che ci assalgono.
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