“Grazie per essere venuta a trovarmi, apprezzo il suo coraggio. Lei è la prima parlamentare che viene qui in carcere per vedere come sto. Finora non è venuto nessuno. Nessuno dal mio partito, nessuno dalla mia Grecia”. Così Eva Kaili, ex vicepresidente del Parlamento europeo, accusata di corruzione nell’inchiesta Qatargate, quando nella sala colloqui del penitenziario ha visto presentarsi Deborah Bergamini, deputata di Forza Italia. Ha deciso di andare di persona nel carcere di Haren per vedere con i suoi occhi come sta la sua collega in carcere da oltre tre mesi ormai.

Bergamini ha raccontato quell’incontro al Corriere della Sera. Un incontro toccante in cui Kaili si è lasciata andare a qualche sfogo, colpita dalla solidarietà della collega italiana che si è presentata da lei. “Sono innocente, lo dimostrerò. Ma non mi sento una vittima, mi sento un trofeo – ha detto a Bergamini, spiegando – il trofeo di una persecuzione politica di cui fa parte un pregiudizio, un pregiudizio che comunque c’è nei confronti dei parlamentari e dei politici del Sud Europa. I maltesi, i greci, gli italiani e così via”.

All’inizio della sua detenzione, gli avvocati di Kaili avevano parlato di “torture” a cui sarebbe stata sottoposta la parlamentare europea perché nelle prime sedici ore, dopo l’arresto il 9 dicembre, era stata lasciata senza acqua, al freddo, con una luce sempre accesa. Adesso non si lamenta delle condizioni carcerarie ma sottolinea: “Ma dopo il clamore dei primi giorni di questa vicenda non parla più nessuno. Vengo ignorata, sono stata dimenticata, anzi cancellata”.

Per Kaili la detenzione è stata un dramma sin da subito. “Nelle prime sei settimane — le ha raccontato Kaili — mi è capitato di pensare al suicidio. Più volte. Poi è scattato qualcosa”, ha detto. Il dolore più grande è quello di avere sua figlia lontana. Anche il suo compagno Francesco Giorgi era stato arrestato perché coinvolto nella stessa inchiesta. Ora è ai domiciliari ma Kaili può vedere la sua bambina solo due volte al mese. “Se Kaili ha delle colpe – dice Bergamini – il sistema giudiziario le accerterà. Ma sua figlia non ha alcuna colpa. E invece si trova a vivere un’affettività spezzata che avrà conseguenze sulla sua vita”.

Su Kaili pende la grave accusa di corruzione, di aver tentato di influenzare le decisioni del Parlamento europeo che riguardavano il Qatar in cambio di denaro. Le indagini sono in corso, a fine aprile i magistrati dovranno decidere se prolungare la carcerazione preventiva. “I crimini contestati sono gravissimi — dice Bergamini — e se sarà dichiarata colpevole dovrà pagare. Ma la presunzione d’innocenza è inalienabile e deve valere per tutti, anche per i politici. Altrimenti vengono in mente periodi bui della nostra storia”. Bergamini ha raccontato di averla trovata combattiva, non avvilita dalla situazione. Sta studiando francese e olandese e una volta che questa storia sarà finita è certa: “Tornerò a fare politica”. Amarissimo il commento di Bergamini dopo la sua visita: “L’inchiesta farà il suo corso, come giusto che sia ma, ripeto, la presunzione di innocenza dovrebbe valere per tutti. Sono veramente stupita del silenzio della politica e dall’ipocrisia che circonda questa vicenda. E invece quando cade una donna di potere, giovane, bella e in ascesa come lei, c’è una sorta di compiacimento collettivo. Magari inconsapevole ma purtroppo diffuso”.

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Giornalista professionista e videomaker, ha iniziato nel 2006 a scrivere su varie testate nazionali e locali occupandosi di cronaca, cultura e tecnologia. Ha frequentato la Scuola di Giornalismo di Napoli del Suor Orsola Benincasa. Orgogliosamente napoletana, si occupa per lo più video e videoreportage. È autrice anche di documentari tra cui “Lo Sfizzicariello – storie di riscatto dal disagio mentale”, menzione speciale al Napoli Film Festival.