Michel Claise è il pubblico ministero belga che si occupa del Qatar-gate. Pochi giorni fa, nelle stesse ore in cui le agenzie di mezzo mondo battevano la notizia dell’arresto di Matteo Messina Denaro, i lettori italiani potevano conoscere dalla sua viva voce (intervista su Fq) la sociologia criminale che informa la sua azione da investigatore. Si scopre così che Claise è un proibizionista che auspica la galera per chiunque consumi droga, «perché non immaginare, nel caso delle droghe pesanti, di considerare che anche chi consuma è parte della rete criminale?». Una posizione che si commenta da sola.

Ma l’affermazione che più sbalordisce è quando il magistrato afferma che, «in Italia, mafie ricchissime stanno comprando una dopo l’altra tutte le aziende che stanno fallendo: il 50% dell’economia è attualmente nelle mani di mafie come Ndrangheta e Cosa Nostra». I numeri e le analisi più recenti ed autorevoli dicono ben altro. Un stima è stata fatta dall’Istituto Bruno Leoni secondo cui il PIL italiano è di circa 1800 miliardi di euro compreso “una componente di circa l’11% di economia non osservata”. Se fosse come afferma Claise le mafie gestirebbero circa 900 miliardi l’anno, più del Pil di Belgio e Austria insieme.  Visto che in Italia la metà del PIL – è ancora l’analisi del Bruno Leoni- «è intermediato dallo Stato, ciò sembrerebbe implicare che l’intera economia privata (oppure, a scelta, quella pubblica) nel nostro paese è in mano alle mafie». Il responsabile del Qatar-gate sembra non conoscere alcuni tra gli studi più recenti commissionati dalla Commissione europea, secondo cui il giro d’affari delle organizzazioni criminali in Italia incide per meno dell’un per cento del PIL. Il populismo giudiziario non è solo una caratteristica italiana, questa sembra essere l’unica buona notizia. Paolo Borsellino, spesso citato a sproposito, diceva che era necessario parlare di mafia in ogni luogo della società. Ci permettiamo di aggiungere, parlatene bene, con precisione.