Aisi e Aise sentiti dal Copasir
Dietro lo scandalo Qatar spunta una manina di Dubai, tutti i misteri

L’intreccio Qatargate–servizi segreti si aggroviglia. Nell’ambiente delle barbe finte si ricostruisce la genesi: una soffiata arrivata dall’intelligence degli Emirati Arabi Uniti – acerrimi rivali dei Qatarini – ai servizi belgi, che poi hanno fatto aprire i dossier alla magistratura di Bruxelles. Sarebbe poi stato nell’ambito dell’interscambio delle informazioni tra agenzie europee che i nostri servizi avrebbero preso contezza dell’affaire. Un circuito atipico, inedito. Giovedì scorso una velina filtrata da Piazza Dante, il Quartier generale dell’intelligence italiana, parlava di “Aise e Aisi: hanno collaborato alla fase di intelligence anche le due agenzie italiane, per i rispettivi ambiti di competenza”.
Perché metterci la firma, a cose fatte? E se fosse vero che gli apparati erano a conoscenza del filone di inchiesta già dal dicembre 2021, perché il 6 marzo scorso – con Mario Draghi a Palazzo Chigi – l’Ad Eni, Claudio Descalzi e l’allora ministro degli Esteri, Luigi Di Maio, sono stati incoraggiati ad andare a Doha per sancire la nuova alleanza energetica Italia-Qatar? Gli interrogativi sulla vicenda sono tanti. E per dare qualche risposta, dopo il capo dell’Aise, generale Giovanni Caravelli, ieri è stata la volta del generale Mario Parente, direttore dell’Agenzia informazioni per la sicurezza interna, al Copasir nella seconda audizione presieduta dall’ex ministro della difesa, il dem Lorenzo Guerini. Entrato alle 9, il generale ha svolto l’audizione come sempre a porte chiuse e telecamere spente. Un incontro classificato Segreto. Ne è uscito poco dopo le 10 e c’è da scommettere che qualche luce in più si è fatta sul Qatargate.
Lo scenario internazionale, con Zelensky in visita negli Stati Uniti e una auspicabile schiarita sul fronte di guerra, punta a definire la lista delle armi da inviare una volta per sempre e poi a ridisegnare la mappa delle forniture energetiche. La sicurezza energetica nazionale sarà al centro dell’azione del nuovo governo, fanno trapelare fonti dell’esecutivo. Così come la sicurezza informatica, posto che gli attacchi informatici contro le istituzioni dall’estero sono previsti in aumento già in occasione delle festività in arrivo. Per quanto riguarda le attività dei lobbisti e le loro interazioni con le istituzioni italiane, il Copasir starebbe valutando audizioni mirate ad appurare se pressioni e ingerenze internazionali sono state effettivamente esercitate da soggetti simili a quelli che hanno tentato la spallata con le istituzioni europee.
Il mondo arabo – quello dei Paesi del Golfo e quello del Maghreb – è d’altronde terreno ben noto all’ambasciatore Pietro Benassi, attuale rappresentante permanente del nostro paese presso l’Unione Europea. L’ambasciatore aveva conosciuto una accelerazione di carriera con il Conte II: il 21 gennaio 2021 era diventato sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri del governo giallorosso e l’indomani gli era stata assegnata la delega al Sistema dell’informazione per la sicurezza. Assunta l’autorità delegata per i servizi, è stato il ponte tra intelligence e diplomazia, tra mondo arabo e istituzioni europee dell’epoca recente. Non si può escludere che anche grazie ai suoi uffici le indagini abbiano potuto procedere con tanta profondità. Gli interessati sono colti di sorpresa.
Gli interrogatori, ieri quello dell’ex Vice presidente del Parlamento europeo, Eva Kaili, che si è detta “tradita” dal compagno Francesco Giorgi, sembrano concentrare la pista intorno alle attività di Antonio Panzeri. La magistratura belga ha chiesto all’Italia, attraverso Eurojust, di congelare due conti correnti, uno intestato a Panzeri, l’altro alla figlia Silvia. I due conti oggetto della richiesta della magistratura belga rientrano tra i sette acquisiti nei giorni scorsi dalla GdF, coordinata dalla procura di Milano, sulla base dell’ordine di investigazione europea. Il sospetto è che sui quei conti siano transitate somme provento della presunta corruzione, di cui l’ex europarlamentare è accusato, per moderare la posizione del Parlamento europeo sulle violazioni di diritti umani nell’emirato del Golfo.
Degli iniziali sessanta eurodeputati coinvolti, ne risultano agli atti non più di cinque. L’inchiesta si estenderà a macchia d’olio o si rivelerà un bluff? Se lo chiede, spazientito, l’europarlamentare Andrea Cozzolino. Sospeso “cautelativamente” dal Pd (Ma il Pd conosce cose che la magistratura non sa?) Cozzolino pur non avendo ricevuto alcun avviso di garanzia intende essere ascoltato dal magistrato belga che conduce le indagini, Michel Claise. Anche in Grecia l’intreccio servizi-magistratura fa discutere: l’eurodeputato Giorgos Kyrtsos, membro del gruppo Renew Europe, ha presentato una denuncia contro i responsabili della sua presunta intercettazione illecita, tra i quali figura l’ex capo dei Servizi segreti greci (EYP): ad Atene si parla ormai di “watergate greco”.
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