Letture
Quattro ragazzi, tanti desideri e Israele: La simmetria dei desideri, una storia perfetta
Torna nelle librerie i romanzo più bello di Eshkol Nevo. È già un classico in cui si mescolano l’amicizia, l’amore e il trascorrere del tempo

«Quello che ho pensato, ha detto, è che ognuno potrebbe scrivere su un bigliettino dove sogna di ritrovarsi tra quattro anni. Dal punto di vista personale, professionale. Da tutti i punti di vista. E ai prossimi Mondiali apriremo i biglietti e vedremo cos’è successo nel frattempo». Parte da questa idea narrativa quello che è forse il romanzo più bello di Eshkol Nevo, “La simmetria dei desideri” (2008), che adesso Feltrinelli-Gramma rimanda in libreria sempre con la traduzione di Ofra Bannet e Raffaella Scardi.
“La simmetria dei desideri” è già un classico degno di figurare sugli scaffali nobili delle biblioteche di tutto il mondo – a buon diritto a fianco degli Oz e degli Yehoshua, per fare due eccelsi nomi di scrittori israeliani – pur essendo uno dei primi romanzi della carriera già luminosa di Nevo, che in seguito ha scritto opere importanti e apprezzate in tutto il mondo come “Nostalgia”, “Tre piani”, “Le vie dell’Eden”, “Neuland”, i racconti di “Legami”. Nella frase che abbiamo riproposto all’inizio si condensa l’idea geniale da cui si dipana la vicenda di quattro ragazzi israeliani, Yuval (il Narratore), Churchill, Ofir e Amichai, che assistono insieme alla finale dei Mondiali di calcio del 1998 (Francia-Brasile, vinse la Francia di un fantastico Zidane per 3-0), assumendo l’impegno di scrivere su dei bigliettini i loro propositi: quattro anni dopo, cioè ai Mondiali successivi, verificheranno se li avranno realizzati o no.
«Fortuna che ci sono i Mondiali, ho aggiunto io. Così il tempo non diventa un blocco unico, e ogni quattro anni ci si può fermare a vedere cos’è cambiato. Caspita!, ha commentato Churchill. Era sempre il primo a capire, quando dicevo frasi del genere. A volte era anche l’unico. Sapete qual è la vera fortuna? Esserci l’uno per l’altro, ha detto Ofir». Di qui parte il romanzo, un romanzo semplicemente perfetto: per come è scritto, per la precisione algebrica dello sviluppo della trama, per la pudicizia e l’onestà morale che trasuda, per la profondità dei sentimenti che descrive e, ultimo ma non ultimo, per la forza dei personaggi (uno soprattutto, il grande “Churchill”, calcolatore invincibile, figura degna di stare alla pari con i grandi personaggi della letteratura classica).
«A Churchill le ragazze non facevano paura, la vita in generale non gli faceva paura; lui l’affrontava a petto scoperto, con ampi gesti delle braccia e con le stringhe slacciate; dentro di me sapevo che non sarei mai stato proprio come lui, ma credevo, o volevo credere, che lentamente, a furia di passare tante ore insieme, qualcosa della sua bramosia mi avrebbe contagiato, e anch’io avrei smesso di trattare le ragazze come dee di marmo», dice Yuval. Sarà proprio Churchill a rubargli l’amata Yaara. Sullo sfondo, come sempre in Nevo, c’è Israele con la sua fatica e insieme la sua voglia di esistere, Israele che cambia e che resta Israele, paese chiuso e apertissimo, ci si soffre e ci si gioisce. Per i quattro ragazzi, così diversi tra loro (così che ogni lettore potrà immedesimarsi o detestare questo o quello) il sodalizio si rivelerà indistruttibile malgrado i fatti della vita tenderebbero in direzione opposta, e in questo è indubbiamente un romanzo “maschile”, oggi si direbbe molto “bro”, seppur la “simmetria” non possa non poggiare anche sulle più sfumate figure femminili.
Scrive Nevo nella postfazione: «Incredibilmente sono ancora miei amici. Uno è ricco sfondato, un altro ha fatto bancarotta. Uno ha divorziato. Abbiamo tutti meno capelli e quelli che abbiamo diventano sempre più bianchi». Lo struggimento del tempo che passa però non è disperato ma consapevole. Forse gli ultimi bigliettini con i desideri li apriranno ai Mondiali del 2026.
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