L'intervista
Quesiti referendum, Calderisi boccia gli ermellini: “La Consulta non li riterrà ammissibili”
Esperto di strategia referendaria e di diritto pubblico, il radicale (sei volte parlamentare) illustra perché la Corte Costituzionale non riterrà di ammetterli. “Dalla Cassazione decisione politica, troppi figli del ‘68”
Peppino Calderisi, pilastro del Partito Radicale di Marco Pannella, deputato per sei legislature, di professione sarebbe ingegnere. Ma all’ingegneria tecnica ha preferito, per impegno civile, quella costituzionale. Dalle battaglie referendarie a quelle parlamentari, Calderisi è noto per la sua competenza in materia di sistemi elettorali.
La Cassazione ha ammesso un quesito sull’autonomia differenziata. La Corte costituzionale potrebbe ancora bocciarlo, a suo avviso?
Certamente la Corte costituzionale può non ammettere il referendum. Non perché è una legge costituzionalmente necessaria né perché è stata dichiarata, solo formalmente, collegata alla legge di bilancio. Ma perché il quesito – dopo la sentenza della Corte che aveva dichiarato incostituzionali molte parti della legge Calderoli – riguarda ora un moncherino di legge inapplicabile e manca pertanto del requisito della chiarezza, semplicità e non contraddittorietà affinché risulti intellegibile e non coarti la libertà di voto degli elettori».
Ci può fare un esempio, per capire meglio?
«Ad esempio, il ruolo del Parlamento. Non era previsto dalla legge Calderoli. La Corte ha detto che ci deve essere. Ma oggi non è normato. Le vecchie norme sono incostituzionali, le nuove non ci sono o non ci sono ancora. Su che cosa devono votare gli elettori?»
Quindi lei vede una contraddizione, una decisione indebita da parte della Cassazione?
«Sì, c’è una contraddizione stridente tra la sentenza della Corte costituzionale n. 192/2024 che ha demolito la legge Calderoli, mutandone profondamene i principi ispiratori e rendendola comunque un moncherino di legge inapplicabile e la decisione della Cassazione che ha dato corso al referendum».
Andranno lette, nei prossimi giorni, le motivazioni dell’ordinanza…
«Certo, ma nell’attesa di conoscere le motivazioni dell’ordinanza della Cassazione, non si può comunque non constatare l’erronea applicazione della sentenza della Corte n. 68/1978 che prevede il superamento del referendum qualora vi sia stato un cambiamento sostanziale dei principi ispiratori della complessiva disciplina, trattandosi di un referendum abrogativo dell’intera legge».
In che ottica legge, alla luce di quanto ci sta dicendo, l’ordinanza che ammette il referedum?
«La decisione della Cassazione appare di natura ideologica, volta a consentire lo svolgimento di un referendum simbolico che darebbe solo adito ad uno scontro inutile e insensato tra Nord e Sud, con il florilegio di tutti gli stereotipi anti-meridionali e anti-settentrionali, un referendum che quasi certamente non conseguirebbe il quorum perché svuotato di sostanza, e che probabilmente servirebbe solo a Landini per la contesa della leadership della sinistra in chiave massimalista e a Calderoli che potrebbe festeggiare il fallimento del referendum. Evidentemente sono giunti in Cassazione troppi figli del ’68…»
Scusi ma la legge Calderoli si può definire, in punta di diritto pubblico, come una legge costituzionalmente necessaria?
«No. La legge n. 86/2024 non lo è certamente perché non è prevista dalla Costituzione e perché le intese per la devoluzione potrebbero essere realizzare con leggi ad hoc. E certamente non basta il collegamento solo formale con la legge di bilancio per dichiararne l’inammissibilità. Ma secondo la giurisprudenza costituzionale, il quesito referendario deve anche avere il requisito della chiarezza, semplicità e non contraddittorietà, per essere intellegibile e non coartare la libertà di voto dell’elettore. E non si vede come la Corte possa ritenere che esistano tali requisiti per un referendum riguardante un simulacro di legge inapplicabile di cui non sarebbe neppure ravvisabile la portata politica e giuridica».
D’altronde la sentenza della Corte costituzionale aveva già imposto di ridisegnare quella legge…
«Quella sentenza – la numero 192 del 2024 – rimane una pronuncia di grandissima rilevanza, un bagno salutare nella ragionevolezza che dovrebbe far riflettere tutti gli attori del singolare scontro politico che si svolge in Italia sul tema delle riforme, condizionato da eccessi di ideologismi (in particolare quello autonomista/federalista) e tatticismi, cioè il loro utilizzo per fini di politica contingente».
E questo non da oggi. Le riforme autonomistiche hanno avute tutte una vita difficile.
«Già. Non si può infatti dimenticare che la modifica del titolo V, che Augusto Barbera ritenne allora “sgangherata”, fu approvata dal centrosinistra con solo quattro voti di maggioranza alla vigilia delle elezioni del 2001 per cercare di catturare il consenso della Lega Nord. La quale, peraltro, l’avversò con l’accusa di “svuotare il federalismo”, prima di farne il suo vessillo».
C’è sempre più spesso una invasione di campo delle magistrature sulla politica. Le toghe decidono al posto del Parlamento. Sintomi di una crisi di sistema?
«Che le magistrature tendano ad invadere il campo della politica è certamente vero. Ma in questo caso la questione può essere diversa. La Cassazione consente – contro la giurisprudenza della Corte costituzionale – un referendum di natura ideologica, per uno scontro insensato su un quesito di cui non si comprende la portata giuridica e politica, e che quindi non serve, attraverso la pronuncia popolare, a cercare di indirizzare il Parlamento a fare una buona legge…»
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